[24/10/2006] Consumo

Un pianeta solo nel 2050 non basterà più

LIVORNO. Un pianeta solo non ci basta. Se consumeremo con il ritmo attuale acqua, suolo fertile, risorse forestali e specie animali infatti, già nel 2050 di pianeti infatti ce ne vorranno due. L’ultimo (ma solo in termini temporali) allarme per il pianeta arriva dal “Living planet report” l´ultimo rapporto del Wwf, che analizzando il ritmo attuale di consumo delle risorse (quali il terreno fertile, l´acqua, le risorse forestali, le specie animali, comprese le risorse ittiche), deduce che la popolazione umana entro il 2050 raggiungerà un ritmo di consumo pari a due volte la capacità del Pianeta Terra.

Il rapporto è stato presentato non a caso a Pechino, dato che la Cina che si pone a metà nella classifica mondiale di questo rapporto, ha un tasso di crescita economica- che nel 2005 è stato del 10,2% - tale che avrà nel prossimo futuro, un ruolo chiave nell´uso sostenibile delle risorse del pianeta.

Living planet report è la sintesi di due indicatori, l´indice del Pianeta vivente (Living planet index) ovvero un indicatore di biodiversità che si basa sui trend di oltre 3.600 distinte popolazioni di 1.300 specie di vertebrati in tutto il mondo. E l´Impronta ecologica, che misura la domanda in termini di consumo di risorse naturali da parte dell´umanità.

L’indicatore di biodiversità dà un risultato non certo rassicurante, perché mette in evidenza che negli oltre trent´anni presi in considerazione le specie terrestri si sono ridotte del 31%, quelle di acqua dolce del 28% e quelle marine del 27%. Ma anche il “peso” dell´impatto umano sulla Terra risulta più che triplicato nel periodo tra il 1961 e il 2003; ovvero la nostra impronta sul pianeta ha già superato, nel 2003, del 25% la capacità bioproduttiva dei sistemi naturali da noi utilizzati per il nostro sostentamento.

I Paesi che lasciano l’impronta maggiore, calcolata su un ettaro globale a persona, sono gli Emirati Arabi, gli Stati Uniti, la Finlandia, il Canada, il Kuwait, l´Australia, l´Estonia, la Svezia, la nuova Zelanda e la Norvegia. L´Italia, al 29° posto della classifica mondiale, ha un´impronta ecologica di 4.2 ettari globali e una biocapacità di 1 ettaro globale pro capite, con un saldo negativo di 3.1 ettaro globale a testa.

Insomma quello attuale è un ritmo davvero
isostenibile per la Terra, se oltretutto come afferma Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf Italia, «i calcoli dell´impronta ecologica sono per difetto.
Consumiamo le risorse ad un ritmo più veloce di quanto la Terra sia capace di rigenerarle e di quanto riesca a metabolizzare gli scarti che le attività umane producono. E questo porta a conseguenze estreme ed anche molto imprevedibili».

Ma allora come correre a rimedi?
«Assumendo scelte radicali per quanto riguarda il mutamento dei nostri modelli di produzione e consumo - aggiunge Bologna - il nostro futuro dipenderà da come impostiamo oggi la costruzione delle città, da come affrontiamo la pianificazione energetica, da come costruiamo le nostre abitazioni, da come tuteliamo e ripristiniamo la biodiversità».

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