[25/10/2006] Rifiuti

Bioshoppers, le industrie della plastica contro Realacci

ROMA. La proposta di obbligo di shoppers biodegradabili dal 2010 non piace ai produttori dei tradizionali sacchetti di plastica, per i quali l’emendamento alla finanziaria di Ermete Realacci è una imitazione di quanto già fatto in Francia e non ci sarebbero le capacità produttive per far fronte alle richieste del mercato, cosa tra l’altro smentita da Coldiretti che dice di poter risolvere la cosa semplicemente mettendo a coltura a mais l’uno per cento del territorio per produrre mater-b.

Ma proprio sul mater-b e sulle plastiche di origine vegetale, anche se già ampiamente sperimentate, i produttori di sacchetti tradizionali pongono problemi di riconversione produttiva, costi, lavorabilità, conservazione, stoccaggio e manipolazione.

E poi, dicono le industrie della plastica, i sacchetti tradizionali devono già oggi essere avviati al recupero, anche energetico, e riciclo attraverso Conai e Corepla, e già oggi il 28% degli stopper, circa 61mila tonnellate, ha questo destino. Resta da capire dove va a finire il restante 72%, per gli ambientalisti in discarica e portato dal vento nei boschi, laghi, fiumi e mari italiani.

Ma gli industriali della Federazione gomma e plastica chiamano in ballo proprio il Wwf del Lazio, che avrebbe detto che «i biopolimeri non vanno considerati come la soluzione al problema degli imballaggi in plastica, proprio per le diverse perplessità che il Wwf (e non solo loro) nutre su questo tipo di prodotti per la presenza di additivi chimici, la compostabilità, la chimica e la genetica, il fabbisogno energetico e la riciclabilità»

Abbiamo sentito Ermete Realacci, il presidente della Commissione ambiente della Camera che ha presentato dell’emendamento alla finanziaria sui bioshopper.

«E’ comprensibile che le industrie della plastica facciano resistenza – ci dice – ma non mi sembra il caso di fare polemica con loro. E’ meglio discutere l’emendamento e dare alle industrie italiane questa opportunità di diventare leader nel settore della nuova chimica e delle bioplastiche».

Ma gli industriali dicono che anche il Wwf pone problemi per questi materiali, ad iniziare dalla presenza comunque di additivi chimici.
«Si riferiscono evidentemente – spiega Realacci – a sacchetti di altro tipo, come quelli prodotti recentemente dalla Coop, fatti di materiali plastici tradizionali e con additivi per degradarli più in fretta e contro i quali anche Legambiente ha preso posizione. Ma qui si tratta di realizzare i nuovi stopper con prodotti completamente naturali, dando 3 anni di tempo per avviare la conversione e lo smaltimento».

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