[30/10/2006] Urbanistica

La «coglionata» di Monticchiello, l´Unesco e «Condono city»

MONTICCHIELLO (Siena). La sala del granaio di Monticchiello non è riuscita a contenere la folla di ambientalisti, aderenti a comitati e politici che hanno risposto all’invito di Alberto Asor Rosa a discutere di urbanistica, paesaggio e ambiente partendo dal caso del piccolo paese della Val d’Orcia.

Tre o quattro le anime che si sono confrontate nel convegno: gli abitanti di Monticchiello stupiti e infastiditi dal clamore mediatico che ha messo al centro dell’attenzione proprio uno di loro, Marco Del Ciondolo sindaco di Pienza ed assente accellente dell´incontro, gli ambientalisti con varie sfumature di approccio alla questione, i comitati, gli amministratori locali, compreso l’assessore regionale Conti, e il ministro Rutelli in veste di mediatore e correttore.

La questione è stata posta in maniera netta ed esplicitata in tre punti proprio da Alberto Asor Rosa: «1) la speculazione immobiliare – ha detto – è più potente di 10/15 anni fa; 2) le forze politiche locali e nazionali sono più deboli di allora, 3) le politiche normative sono più confuse di allora».

Il punto per Asor Rosa è se un “ecomostro” può essere autorizzato e se c’è stato errore umano: «se si è autorizzata quella che a Monticchiello si definisce la coglionata, ci sorbiremo per l’eternità l’errore umano?». Insomma, quali sono i sistemi di verifica e controllo che possono permettere di rientrare dagli errore urbanistici?

Per questo, secondo Asor Rosa «bisogna riaffermare la funzione sovradeterminata e sovradeterminante dello Stato centrale» perché la catastrofe ambientale e paesaggistica degli ecomostri è paragonabile a quella atmosferica e va affrontata con gli stessi poteri e strumenti.

Il presidente di Legambiente Roberto Della Seta ha spiegato di cosa si parla quando si dice cemento: «Monticchiello è un caso emblematico di come oggi funzionano le cose in Italia. In questi anni, il Cresme ha stimato che le attività di nuova costruzione sono aumentate a un ritmo pari a quello degli anni 1960-65. La differenza tra 45 anni fa e oggi sta nella crescita demografica: il nostro Paese è oggi un paese in stallo, la popolazione non aumenta, anzi sarebbe in diminuzione se non ci fosse una forte presenza di stranieri. Dunque si evince che questo fenomeno di cemento senza sosta produce due effetti: l’abbandono del patrimonio esistente e un’attività speculativa che nulla ha a che vedere con i bisogni abitativi».

E anche Legambiente punta il dito contro le debolezze della politica ed i “buchi” nella pianificazione del territorio: «Monticchiello cela – ha detto Della Seta – la stessa logica che accompagna le grandi opere: costruire in grande pur di aumentare il valore fondiario dei terreni senza badare al bisogno del territorio e delle popolazioni».

Una visione ripresa anche dalle altre associazioni ambientaliste presenti, a cominciare dalla presidentessa del Fai e da Italia Nostra, ma con accenti che tradivano la provenienza extratoscana di molti dei presenti nella sala: premurosi amici e frequentatori, proprietari di belle case che forse non vedono il nodo pesante ed economico del conflitto e di quanto questo investa anche una Toscana felix che probabilmente esiste ancora solo nei depliants pubblicitari e nelle nostalgie del contado.

E sono stati proprio i sindaci, a portare esempi concreti dello scontro reale, duro e quotidiano che si vive sul territorio sulle questioni urbanistiche. E non senza punte polemiche, come ha fatto il sindaco di Capalbio Lucia Biagi: «Io non sono un topo nel formaggio – ha detto alludendo ad una polemica sollevata dai Verdi – Qualcuno dice che quando c’era mamma Regione che teneva tutti sotto era meglio, eppure il piano regolatore di Capalbio è una vergogna, eppure quel piano è stato approvato nel 1999 quando c’era ancora la Crta».

E la Biagi dice la sua anche sui “diritti acquisiti” richiamati da molti amministratori per giustificare il loro si a scelte urbanistiche che vengono dal passato: «i diritti sono acquisiti solo se si firma una convenzione o si ritira una concessione edilizia. Ma il Prg di Capalbio non è sostenibile e quel che è insostenibile io non lo voto e non lo porto».

Un intervento che, pur rivendicando autonomia e rigettando controlli sovradeterminati, veniva ben accolto dalla sala che non ha riservato lo stesso trattamento all’assessore al territorio della regione Toscana, Riccardo Conti, che d’altronde non ha risparmiato alla platea una orgogliosa rivendicazione del ruolo della regione, a partire dal no proprio alla costruzione delle villette di Monticchiello che tutti gli altri hanno ignorato.

Ma per Conti «chi invoca una panacea, il ricorso ad una tutela accentuata, sta facendo un discorso ottocentesco, che non ha niente a che vedere con il futuro. Noi vogliamo un’economia sorella della sostenibilità e la parola chiave per questo è reddito, non rendita. Quelle villette non sono solo sbagliate ambientalmente, sono anche uno sbaglio economico». Per questo Conti, polemizzando con i comitati e Legambiente, ha rivendicato con forza l’operazione Laika a San Casciano e si è detto molto preoccupato perché «la Toscana è in bilico. 10 anni fa saremmo stati in Val d’Orcia a parlare di sottosviluppo, oggi siamo a discutere di sviluppo rurale, siamo qui a parlare di come lo governiamo».

Monticchiello per Conti è un episodio minore, anche se significativo, ma se deve indicare i nodi difficili dello sviluppo urbanistico non ha dubbi: «Versilia, Elba, città d’arte, i luoghi del turismo di massa». L’assessore ha chiuso il suo intervento senza concessioni ricordando che si sta parlando di un territorio rurale toscano diventato uno dei più ambiti dal turismo e che l’introduzione della qualità in questo trend è una sfida di pianificazione a cominciare da «una sperimentazione importante: introdurre nel Pit i codici del paesaggio».

Molto atteso l’intervento del ministro Francesco Rutelli e punteggiato da continue interruzioni, richiami dalla sala a confrontarsi con altre situazioni locali, della Maremma a Fiesole a Massa. Rutelli è sembrato a suo agio sul filo scomodo delle rassicurazioni sulla mitigazione di quanto già realizzato a Monticchiello e la solidarietà con la regione e i comuni, con meno carte bollate e più ricerca di soluzioni ed accordi di pianificazione. Rutelli ha concluso con un forte richiamo alla coerenza con le forme di protezione di cui i territori già godono: «nessuno obbliga gli enti locali a candidarsi per la lista Unesco (come nel caso della Val d’Orcia, ndr). Si può anche scegliere di essere “condono city”, ma chi è sito Unesco sa di aver contrattato una indicazione in più. Ho mandato una lettera a tutte le amministrazioni Unesco che ricorda che hanno anche obblighi in più».

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