[31/10/2006] Consumo

Inutile strage di balene in Islanda: rimarranno invendute

ROMA. Mentre l’Islanda continua a uccidere balenottere comuni la carne di questi giganteschi cetacei rischia di rimanere invenduta per mesi, in attesa delle numerose analisi chimiche da fare per accertare che rispetti i requisiti richiesti per la concessione del certificato di sanità per consentirne il consumo umano. E la caparbietà del governo islandese nel ripartire con la caccia alle balene, che ha sfidato la moratoria voluta dalla Commissione baleniera internazionale (Cbi) nel 1985, rischia di diventare un boomerang, visto che l’ambasciatore del Giappone in Islanda ha affermato che i giapponesi hanno abbastanza carne proveniente dalla loro caccia, che ufficialmente è “scientifica” ma finisce tutta nei mercati del Sol levante.

Il consumo di carne di cetacei, sia per il costo che per la nuova sensibilità ecologica dei consumatori, è infatti in calo anche in Giappone, maggior consumatore mondiale, ed è difficile che l’inutile strage di balene fatta dagli islandesi vada a coprire il mercato interno visto che solo l’1 % degli abitanti dell’isola nordica mangia carne di balena una volta alla settimana, mentre il restante 82 % non la mangia mai.

E se l’Islanda non riuscirà ad esportare la carne di balena in Giappone sarà impossibile farlo altrove visto che la balenottera comune è inclusa nell’Appendice l della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate (Cites) e che ogni paese aderente alla convenzione che importasse tale carne dall’Islanda potrà essere condannato in ambito internazionale.

Nonostante questo l’Islanda ha deciso di procedere alla cattura di 30 balenottere minori (Balaenoptera acutorostrata) e 9 balenottere comuni (Balaenoptera physalus), quest’ultima specie è inclusa nella lista rossa dell’Iucn come “minacciata” e quindi a l rischio d’estinzione.

Secondo Xavier Pastor, direttore per l’Europa dell’associazione Oceana, «non esiste giustificazione alcuna perché l’Islanda cacci le balene. Neppure una di tipo commerciale, visto che non c’è un mercato per la sua carne. È immorale continuare il massacro di animali in via di estinzione, senza nessun motivo. Questa decisione del governo islandese mette in dubbio la serietà nonché l’impegno dell’Islanda non solo in questioni relative alla conservazione marina, bensì in tutto quanto ha a che vedere con l’uso sostenibile delle risorse naturali». Una decisione ancora più sconcertante se si pensa che, dopo 17 anni di moratoria alla caccia alle balene, in si è sviluppata un’importante industria turistica di “whale watching” (osservazione dei cetacei) con decine di migliaia di turisti ed introiti molto superiori a quelli della caccia commerciale dei cetacei.

«E’ un peccato – dice Xavier Pastor - che, nonostante gli accordi internazionali firmati e ratificati, ci siano paesi che decidono impunemente di non rispettarli, adducendo ragioni che non si possono dimostrare. È urgente che i governi europei e la comunità internazionale facciano pressione per mettere fine a tale situazione».

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