[02/11/2006] Parchi

Fallimento dei parchi o del modello di sviluppo?

LIVORNO. La Repubblica di oggi riprende l’allarme del biologo dell´Imperial college di Londra Ian Owens, che ha curato la più esauriente mappa delle specie a rischio a livello mondiale (19mila specie di mammiferi, uccelli e anfibi), e che trae una conclusione che potrebbe apparire sconcertante: bisogna rivedere le politiche di salvaguardia della biodiversità perché i 44 mila parchi e riserve non sono riusciti a fermare l’erosione di specie animali e vegetali.

Sono a rischio di estinzione un terzo degli anfibi, un quarto dei mammiferi ed un ottavo degli uccelli, senza contare le migliaia di specie di invertebrati e pesci che probabilmente scompaiono senza che l’uomo le abbia mai conosciute e catalogate.

Cifre imponenti per quella che Il premio Nobel Paul Crutzen, professore emerito al Max Planck institute, ha ribattezzato "Antropocene", cioè il periodo geologico che va dall´inizio della rivoluzione industriale ad oggi (un attimo per i 4,8 miliardi di anni di vita del nostro pianeta) e che sta vedendo la specie umana mutare rapidamente la dinamica dei cicli della Terra.

Una rapida distruzione di interi ecosistemi ai quali i governi hanno cercato di rispondere mettendo sotto tutela il 10% circa della superficie terrestre, ma intanto, secondo il Wwf, «il 50% della superficie delle terre emerse è stato ormai significativamente trasformato dall´intervento umano, sia modificando i grandi cicli biogeochimici, quali quelli del carbonio o dell´azoto, nonchè la composizione chimica dell´atmosfera, il ciclo idrico e tanti altri equilibri dinamici del pianeta».

Quindi non di fallimento dei parchi bisognerebbe parlare, ma di fallimento del sistema insostenibile di sfruttamento delle risorse naturali e del modello di sviluppo. Le Aree protette rischiano sempre più di essere zone (non sempre tutelate da bracconaggio, abusi, caccia per necessità e collezionismo, disboscamento “di necessità" e di frodo), dove si salvaguardano specie “fantasma”, specie di banche/museo della natura com’era, sempre più assediate dalle attività umane e sempre più sottoposte alla globalizzazione dell’inquinamento, delle mutazioni climatiche, dell’introduzioni di specie non autoctone.

E le aree protette sono perfettamente consapevoli di questi rischi e del ruolo marginale che rischiano di svolgere, proprio per contrastare l’erosione imponente della biodiversità l’International union for conservation of nature (Iucn) ha lanciato la campagna “Countdown 2010” perché i governi europei prendano le misure necessarie per fermare la perdita di biodiversità entro il 2010 e non è un caso se Federparchi è il capofila italiano dell’iniziativa, che riunisce governi, Ong, settore privato e i cittadini in azioni per attirare l’ attenzione della pubblica opinione sugli obiettivi del Countdown 2010 e tener fede agli impegni presi per conservare la diversità biologica.

Certo non basta e “Countdown 2010” rischia di essere l’ennesima iniziativa di una delle parti ricche del mondo per frenare davanti all’estinzione di massa di intere specie, mentre nei paesi in via di sviluppo le tutele cedono di fronte a fame, desertificazione, sviluppo economico senza freni e senza tutele per l’ambiente. Ma probabilmente senza l’istituzione dei parchi nazionali, senza modelli di successo come quello di alcuni parchi italiani o sudafricani che riescono a coniugare conservazione dell’ambiente e turismo, tutela della biodiversità e recupero e modernizzazione di attività tradizionali, oggi saremmo a discutere della scomparsa di gran parte dei grandi carnivori e molte delle 7.266 "rischio estremo" censite da Ian Owens non ci sarebbero più o non le avremmo addirittura mai conosciute, senza più un posto dove vivere, senza protezione, ingoiate e distrutte dall’”Antropocene” che avanza.

Uno degli slogan degli ambientalisti e che un giorno i parchi non saranno più necessari perché tutto il mondo sarà un parco, una speranza sempre più lontana davanti al fragore dello sviluppo che avanza e allora anche quel 10% di resistenza della natura rappresentato dai parchi va difeso con le unghie e con i denti, cominciando da li a pensare ad un modello nuovo di rapporto tra uomini, ambiente e la molteplicità e complessità degli esseri viventi che dividono con noi il pianeta Terra.

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