[06/11/2006] Energia

Nairobi fra dichiarazioni d´intenti e realtà effettuale

LIVORNO. Inizia oggi a Nairobi la dodicesima Conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici. I settemila delegati che si ritroveranno in Kenya da oggi sino al 17 novembre dovranno discutere su come affrontare quello che è stato definito da James Hansen - capo degli studi sul clima della Nasa -il punto di non ritorno, ovvero il picco che il surriscaldamento del pianeta potrebbe raggiungere da qui a dieci anni.
Certo, rispetto agli allarmi emersi e alle risposte che già sono arrivate nei giorni precedenti l’avvio della Conferenza di Nairobi le premesse sulla effettiva utilità di questa assise non sembrano molto ottimistiche.

Il quadro che si presenta sulle politiche energetiche mondiali è infatti ancora indietro rispetto agli scenari precipitosi che provengono sia da parte scientifica che economica. E il contesto attuale della discesa del prezzo del petrolio, potrebbe non giocare a favore, ma anzi rimandare ancora nel tempo scelte importanti.

Mentre infatti l’elevato costo del greggio poteva stimolare scelte volte sia al risparmio che alla ricerca di fonti alternative, la caduta dei prezzi di un quarto rispetto all’estate scorsa, potrebbe al contrario ingenerare una sorta di dilazionamento dei tempi, con una ulteriore accelerazione del ritmo di esaurimento degli stock e, di conseguenza, anche degli effetti previsti in termini di global warming.

In questo contesto, gli Stati Uniti – nonostante non possano più come in passato negare che vi sia in atto un cambiamento climatico - non sembrano dare alcun segno di cedimento verso politiche di rigore energetico. Nemmeno un accenno, come pare invece provenire dall’Australia, che accorgendosi degli effetti economici disastrosi sulla sua agricoltura, comincia a ricredersi e guarda non tanto a politiche di minor uso di combustibili fossili, ma investe per neutralizzare con la tecnologia le emissioni di anidride carbonica che provengono dall’uso del carbone.

L’India e la Cina, inizialmente non coinvolte negli impegni di Kyoto perché annoverati tra i paesi in via di sviluppo, dati i vertiginosi trend economici raggiunti negli ultimi anni, potrebbero rientrare in gioco.

L’Europa che già dal vertice di Kyoto sembrava voler svolgere il ruolo di traino e che distinguendosi dagli Stati Uniti e dall’Australia aveva fissato obiettivi di riduzione dell’anidride carbonica, non ha di fatto svolto il suo compito e sembra affidare il perseguimento del contenimento dell’effetto serra più al meccanismo del commercio delle emissioni che non a politiche serie e concrete di risparmio ed efficienza e di ricorso a fonti energetiche alternative. E si presenta al vertice di Nairobi con i giornali che aprono con la notizia che per una banale azione di routine in Germania, metà dei paesi europei ha rischiato il blackout totale.

E nonostante che la Commissione europea rilanci con il piano d´azione per l´efficienza energetica l’obiettivo di risparmiare il 20% di energia entro il 2020, attraverso una serie di provvedimenti prioritari, tra cui figurano interventi per aumentare l´efficienza energetica di elettrodomestici, edifici, trasporti e impianti di produzione di energia, rischia di avere scarsa credibilità.

I segnali che si vedono in questi giorni da parte degli Stati membri non sembrano infatti aver colto le indicazioni.
La Gran Bretagna che nei giorni scorsi attraverso il rapporto di Nicholas Stern ha evidenziato che anche da un punto di vista economico sarebbe perdente avvicinarsi al punto di non ritorno e che converrebbe spendere adesso l’1% del pil per ridurre l’utilizzo di fonti fossili, e quindi delle emissioni di anidride carbonica, che non dover spendere poi il 20% del pil per contrastare gli effetti negativi da essa prodotti, ha annunciato che la “ricetta” sarà il ricorso all’energia nucleare.

In Italia si pensa di porre un tetto ai consumi di gas reintroducendo il carbone, intanto in due centrali (Civitavecchia e Porto Tolle) e poi si vedrà. Naturalmente carbone pulito, come viene chiamato adesso, dove per pulito si intende un carbone che ha minor emissioni di zolfo e che rispetto alle emissioni di Co2, per ora non cambia ma quando saranno messe a punto le tecnologie per poter stoccare l’anidride carbonica emessa (in percentuali pari al 50% rispetto al gas).

Intanto, a dimostrazione che l´integrazione economia-ecologia è una realtà effettuale non smentibile che richiede solo di essere governata, la rivista "Science" calcola che la perdita di ecosistemi costa 250 miliardi di dollari all´anno.

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