[13/11/2006] Energia

Economia ecologica: il tema è posto, le azioni non ancora

LIVORNO. Crediamo debba essere preso con interesse il richiamo che Antony Giddens fa oggi dalle pagine de la Repubblica, sulla necessità di non lasciare solo ai Verdi la questione del cambiamento climatico, che come dice lo stesso autore dell’articolo compare ormai quotidianamente come tema sui quotidiani di tutta Europa.
Finalmente - e lo abbiamo già detto altre volte in queste pagine- le questioni ambientali sono diventate argomento anche degli economisti.

Finalmente vi è la presa d’atto che se non viene rivista integralmente la strada della dissipazione delle risorse, non potrà che portarci verso un dissesto economico oltrechè ambientale, e questo è diventato ormai tema di dibattito di mondi diversi e per molto tempo considerati altra cosa rispetto all’ecologia.

Il rapporto presentato da Antony Stern, già capo della banca mondiale ed ora consigliere economico del governo Blair ha risvegliato anche il padre putativo di quella iniziativa politica di qualche anno fa, che proprio da Blair prese il là con il nome di “terza via”. Antony Giddens infatti, che definisce Stern «uno studioso di impeccabile reputazione e certamente non uno che semina il panico», attribuisce un merito importante al riconoscimento del valore economico delle azioni volte a trovare una soluzione per contrastare il cambiamento climatico». Le stesse considerazioni economiche che come – giustamente - riconosce Giddens, sono state le principali responsabili dei ritardo proprio di quelle azioni.

«Si dovrebbe partire dal principio guida – dice Giddens - che l’ambiente non può essere più considerato un bene senza costo». Esattamente quello che gran parte del mondo ecologista sostiene da molto tempo e che quasi mai ha avuto "quell’aurea romantica" che Giddens dipinge, bensì la piena consapevolezza che se non si tengono insieme economia e ecologia, i cambiamenti attesi potranno anche avere un valore di apprezzabile testimonianza, ma non certo contribuire a impostare le basi per un mondo diverso e migliore Per un´altra economia, insomma.

Ma se possiamo rallegrarci che i "modernisti" siano finalmente giunti a condividere le analisi di quelli che fino a ieri consideravano "conservatori" e del fatto che Giddens abbia colto in pieno la necessità che le questioni ambientali non siano più il portato di un gruppo a sé ma che abbiano un peso decisivo sulle politiche economiche, delude invece la conclusione alla quale allude. Ovvero che la necessaria svolta possa essere determinata dal (pur indispensabile) contributo del singolo cittadino.
Sostiene infatti che le stesse questioni ambientali devono diventare «parte integrante dell’insieme dei diritti e degli obblighi che costituiscono il contratto di cittadinanza tra il governo e i cittadini, coinvolgendo anche il sistema fiscale e quello del welfare».

Se però è assolutamente vero che i cambiamenti individuali dello stile di vita sono una componente importante nel perseguimento della sotenibilità, non possono essere ignorati, perchè decisivi, sia i poteri istituzionali sia quelli del mercato e dell´impresa.

Anche il Papa che esorta ogni persona ad adottare nuovi stili di vita e di consumo per combattere la fame, e che assieme alla necessità di redistribuire “le risorse con più attenzione ai poveri” chiede ai cristiani di tornare alla pratica della preghiera di ringraziamento prima e dopo i pasti, si ferma ai comportamenti individuali.
Un sobrio stile di vita individuale ha certamente un forte valore di testimonianza e di presa di coscienza del problema della limitatezza delle risorse – come per un cristiano il rito del ringraziamento per scuotere la propria coscienza verso il tema della fame del mondo - ma se non si aggrediscono le dinamiche di potere e le regole economiche che le presiedono (è dubbio che le 70.000 multinazionali si lascino scalfire dalla preghiera prima del pasto) sarà impossibile raggiungere i “criteri di giustizia” che lo stesso Benedetto XVI invoca.

Stessa cosa potremmo dire per quanto riguarda le questioni ambientali nella loro globalità e le tematiche energetiche nello specifico. E’ senza dubbio provato che la leva fiscale può essere utilizzata per indurre un maggior senso di responsabilità e per spingere a cambiamenti in positivo ma è altrettanto dimostrato che se il mercato non viene analogamente indirizzato verso la sostenibilità, e se anche in questo settore non si introducono “misure draconiane” come le definisce Giddens, è provato che il mercato non sceglie da solo la strada dell’ecosviluppo.

Senza dubbio l’intelligenza umana è un motore fantastico e fonte di energie assolutamente rinnovabili, e potrà essere in grado di trovare tecnologie superbe per l’ambiente, ma il nocciolo duro è rappresentato dal cambiamento del paradigma socio-economico che ci ha portato allo stato di cose presente.

Anche nella relazione introduttiva che venerdì scorso Pecoraro Scanio ha presentato al congresso dei Verdi, si supera (finalmente) il concetto della salvaguardia e vi si trova sottolineata la necessità di coniugare economia ed ecologia, innanzitutto come nuovo patto per abbattere le emissioni di gas serra, prodotte dai trasporti e dalla produzione energetica, che stanno modificando il clima. Ma è evidente quanto sia difficile portare a sintesi le strategie di governo e dargli il necessario "verso" se perfino il presidente della Repubblica, nel suo messaggio al congresso, ha ricordato che servono «rapide e concrete risposte da tutti gli stati nazionali e dalle organizzazioni internazionali».
Come a dire: ognuno faccia la sua parte, ma se la globalizzazione continua ad essere governata dalle logiche delle multinazionali la strada da percorrere sarà accidentata. E a questo punto, la variabile "tempo" potrebbe essere decisiva.

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