[14/11/2006] Acqua

Ato 5, le tante criticità della risorsa idrica

FIRENZE. Criticità quali-quantitative della risorsa idrica, carenza di risorse economiche per affrontare i necessari investimenti. Ma anche modello di sviluppo per l’area, pianificazione urbanistica, sono temi diretti e riflessioni conseguenti che emergono dai dati snocciolati durante il convegno che Asa ha promosso, «Il sistema idrico integrato: pianificazione delle strategie ambientali e gestione delle criticità emergenti».

L’acqua non è sufficiente per tutto il territorio dell’ambito, specialmente nel periodo estivo, quando anche l’agricoltura è al picco dei suoi consumi e le presenze turistiche sono più numerose. Ciò determina la moltiplicazione sul territorio dei conflitti tra i vari usi. Le perdite del settore idropotabile non sono così elevate (26% anno 2003), ma i consumi sono in aumento e non pare che sia stata attivata una vera politica strategica di gestione della domanda che metta al centro la conservazione della risorsa da effettuarsi in modo capillare.

Il prelievo idrico nel settore idropotabile nell’ambito territoriale ottimale in questione (Ato5), è effettuato quasi totalmente (circa 88%) da falda, ma le acque sotterranee sono inquinate e la pressione eccessiva di gran lunga superiore alla ricarica favorisce l’intrusione del cuneo salino. E a problema si sovrappone problema come le cronache di questa estate hanno evidenziato.

La grande industria è stata anche motore di sviluppo per l’area e per la regione tutta, ma in nome di quello sviluppo (a cui certo non si può aggiungere l’aggettivo sostenibile) gli è stato concesso troppo e troppi sono gli impatti che ha avuto sul territorio (pensiamo al bacino del fiume Cecina). La mano pubblica ha le sue responsabilità è ancora oggi fatica a tenere i grandi settori produttivi nei binari dell’inserimento territoriale sostenibile (vedi anche le concessioni minerarie del progetto Idros).

Del resto ammettiamo che non sia facile voler tenere insieme grande industria e turismo (quest’ultimo rappresenta il 20 % del Pil su base provinciale senza contare l’indotto) in un territorio tutto sommato limitato, ma almeno decidiamo quale tipo di turismo. Con le risorse di base attuali (quella idrica in primis) non è possibile pensare ad un turismo di massa, dai grandi numeri, ma a giudicare da quanto si sta costruendo evidentemente chi amministra la pensa diversamente considerando tra l’altro, che tra alti e bassi, la popolazione residente è stabile dal 1991.

Risorsa da cui si attinge fortemente inquinata, con inquinanti di natura diversa e provenienti da vari settori ma in questo Ambito, ad esempio, il servizio di depurazione tra il 1999 e il 2004 non ha aumentato di un abitante la sua capacità depurativa. Acqua di origine inquinata grande sforzo economico per renderla potabile. E qui ci fermiamo perché anche in quest’area (forse più che in altre) il ciclo non si chiude dato che si beve acqua minerale proveniente da altri bacini... e il discorso ci porterebbe lontano.

Quindi servirebbe uno sforzo ancora maggiore per rendere l’acqua, oltre che potabile, anche buona dal punto di vista organolettico e renderla competitiva con quella imbottigliata. Sforzo che dovrebbe comprendere anche la corretta informazione ai cittadini.

Per risolvere i problemi complessi gli scenari prospettati non sono completamente convincenti (tranne l’opportuno riuso e riciclo dell’acqua dei depuratori): si abbandonano le falde compromesse magari per andare a maggiore profondità in un altro territorio e si prende l’acqua sempre più lontano per poi trasferirla con mega collettamenti. Nulla di nuovo, è quello che si è fatto fino ad oggi nella maggior parte dei casi in Italia.

Ma forse è l’ora di pensare a riqualificare i sistemi territoriali risanando tutte le fonti di approvvigionamento in modo da permettere una diversificazione dei prelievi. Forse è necessario pensare in modo convinto (e in questo Ambito si può fare) all’utilizzo di acqua di mare, che attraverso il processo di desalinizzazione, può fornire risorsa da impiegare almeno in alcuni comparti; forse si può pensare attraverso sistemi a modesto impatto a tesaurizzare per usi plurimi quella risorsa che viene dal cielo dato che, nonostante i cambiamenti climatici, i dati ci dicono che in Toscana non siamo ancora nel deserto del Sael.

Integrazione delle politiche, valutazione integrata dei processi, conoscenza (sappiamo per certo quanto acqua consumano i settori industriale ed agricolo?) e partecipazione di tutti per poter impiegare al meglio le limitate risorse disponibili sapendo che la mole di investimenti necessari ovviamente non potrà essere ricaricata tutta in tariffa.

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