[17/11/2006] Energia

Serafini su Nairobi: bene gli annunci, ma urgono i fatti

NAIROBI (Kenya). Volge oggi al termine la Conferenza di Nairobi sul clima. E gli oltre 6.000 delegati che vi hanno partecipato andranno a casa con la consapevolezza che molto si deve fare per invertire il trend del surriscaldamento del pianeta, come ha ribadito anche Kofi Annan all’apertura dei lavori della sessione ministeriale. Ma anche con la presa d’atto che, come ha aggiunto lo stesso segretario uscente dell’Onu, manca una vera leadership in grado di guidare le scelte che dovranno essere prese a livello globale.

Infatti anche il Kyoto plus, ovvero il super potenziato accordo presentato dall’asse europeo formato da Inghilterra, Francia e Italia rimane, almeno per il momento, una dichiarazione d’intenti di tre paesi che forse - e ce lo auguriamo - sarà sostenuto dall’intera Unione Europea.

Londra, Parigi e Roma spingono infatti su misure drastiche per raggiungere l’obiettivo di riduzione del 60% delle emissioni di Co2 entro il 2050.

E nel frattempo, singolarmente, ogni paese annuncia i propri piani interni, che prevedono l’obiettivo dei tagli del 60% al 2050 in Inghilterra (che ha annunciato però un consistente ricorso al nucleare per poterlo raggiungere) e l’introduzione della carbon tax in Francia che propone all’Europa di penalizzare le merci che provengono da Usa e Australia perché la mancata ratifica di Kyoto determina condizioni di vantaggio economico per le loro imprese. Anche la Germania , l’Olanda e la Danimarca dichiarano di voler mettere in pratica drastiche misure di riduzione. L’Italia che si è allineata alla proposta di Londra e Parigi, sembra però al momento più impegnata a mettere in atto misure per far fronte all’emergenza gas che non a pianificare riduzioni di anidride carbonica per rientrare intanto del disavanzo che ci allontana sempre più da Kyoto 1.

Insomma obiettivi che sarebbero assolutamente necessari per invertire il trend dei cambiamenti climatici che si basano ormai su dati scientifici difficilmente smentibili, ma con il dubbio che le politiche conseguenti riescano ad essere all’altezza di renderli davvero attuabili.

Abbiamo chiesto a Massimo Serafini, della segreteria nazionale di Legambiente, un giudizio su quanto emerso dalla conferenza di Nairobi.

Secondo lei ha ragione Kofi Annan a lamentare una mancanza di leadership?
«Il problema della leadership si pone oggi come in passato. O l’Europa fa come diceva anche qualche giorno fa Barroso in un fondo de La Stampa, o diventerà davvero difficile trovare un punto di equilibrio e trascinare anche Cina, India e i paesi emergenti verso obiettivi di riduzione quando il fronte Usa, Australia e Giappone si ripropone ancora con gli accordi volontari».

A livello europeo si vede qualche segnale in avanti verso politiche di maggior rigore, almeno nei singoli stati.
«Sì, ci sono segnali positivi, ma il quadro è ancora molto contraddittorio e non si vedono linee evidenti che garantiscano in 35 anni che si riducano davvero le emissioni del 60%. Non vorrei che in Europa prevalesse la tentazione di usare il commercio delle emissioni come chiave di volta per rientrare negli obiettivi, senza mettere mano a serie politiche di risparmio energetico e di efficienza».

Come giudica l’accordo tra Inghilterra, Francia e Italia di ridurre del 60% le emissioni di Co2 entro il 2050?
«Ben vengano dichiarazioni così ambiziose, ma se supportate da politiche coerenti, perché il 2050 arriverà di certo. Soprattutto per quanto riguarda l’Italia, prima di porsi l’obiettivo di ridurre del 60% in 35 anni le emissioni di anidride carbonica, sarebbe bene che garantisse intanto il rispetto dell’obiettivo di riduzione del 6,5% entro il 2010 che il protocollo di Kyoto le assegna, anziché presentarsi oggi con il 12% in più delle emissioni rispetto al ‘90».

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