[21/11/2006] Rifiuti

Stop ai rifiuti europei in Africa

LIVORNO. L’atteggiamento dei paesi ricchi di considerare il sud del mondo territorio dove chiudere il cerchio del metabolismo industriale e quindi dove poter smaltire i rifiuti a costi praticamente zero per i produttori ma con conseguenze drammatiche per le popolazioni e l’ambiente, ha avuto un nuovo stop da parte del parlamento europeo.

A Strasburgo infatti è stato fatto un richiamo a Commissione e Stati membri al rispetto della convenzione sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento con il divieto di tutte le esportazioni di rifiuti pericolosi dai paesi OCSE verso paesi non-OCSE.

Questo è infatti ciò che è previsto dalla Convenzione di Basilea, adottata il 22 marzo 1999 e approvata in nome della Comunità con la decisione 93/98/CEE del Consiglio, che rafforza il divieto di esportazione dei rifiuti dall’Unione in vigore già dal 1994.
L’intervento del Parlamento europeo è stato fatto in merito all’episodio vergognoso che ha coinvolto la popolazione della costa d’Avorio con 8 morti accertate e circa 85.000 persone ricoverate in ospedale per essere sottoposte a cure per diverse tipologie di disturbi più o meno gravi.

Ma secondo l’Unicef questo è solo l’inizio, perché si prevede che da 9.000 a 23.000 bambini necessiteranno di assistenza medica e di cure sanitarie, e saranno necessarie altre misure di risanamento dell´ambiente in cui questi bambini vivono. E oltre ai problemi di salute gli effetti potrebbero essere di più vasta portata e includere la contaminazione del suolo e delle acque di superficie e sotterranee.

Tutto questo “grazie” all’arrivo di 500 tonnellate di rifiuti chimici scaricate in diverse zone nelle vicinanze di Abidjan, da una nave cisterna di proprietà greca, battente bandiera panamense, noleggiata da una società avente sede nei Paesi Bassi. Il classico sistema dello scaricabarile che permette il frazionamento delle responsabilità e di scavalcare quindi l´applicazione della legislazione comunitaria.

La compagnia avrebbe dovuto smaltire i rifiuti in Europa in modo legale e sicuro ma ha scelto la Costa d´Avorio come alternativa più economica, per il fatto che in questo paese, come nella maggioranza dei paesi africani, non esistono normative di protezione ambientale, e men che meno sistemi in grado di smaltire in sicurezza rifiuti.

A danno della popolazione e dell’ambiente, l´Africa è divenuta purtroppo terreno di discarica di tutti i tipi di rifiuti, in particolare pericolosi e la vicenda occorsa in Costa d´Avorio è soltanto la punta dell´iceberg rispetto al totale delle spedizioni di rifiuti pericolosi attualmente in corso dall´UE verso paesi non Ocse Proprio di recente Greenpeace ha identificato 80 siti in cui sono stati portati rifiuti pericolosi provenienti da paesi industrializzati, tra cui vecchi computer in Nigeria, cisterne radioattive in Somalia, cloro in Camerun, e altro ancora: enormi quantitativi di residui di apparecchiature elettriche ed elettroniche vengono attualmente scaricati nei paesi non - Ocse con il pretesto della riutilizzazione e un numero considerevole di vecchie navi europee cariche di sostanze e materiali tossici è in corso di rottamazione in Asia in condizioni estremamente pericolose per i lavoratori e per l´ambiente.

Il Parlamento è quindi intervenuto per mettere un freno a questa situazione, ed oltre al rispetto delle regole, ha anche chiesto alla Commissione e agli Stati membri interessati di rendere pubblici tutti gli accordi bilaterali che sono stati conclusi con paesi non-Ocse per la spedizione di rifiuti, al fine di interrompere eventuali operazioni illecite. Infine ha invitato la Commissione a presentare proposte legislative per eliminare le scappatoie esistenti nel regime in materia di rifiuti pericolosi, in modo da porre fine alle spedizioni verso paesi non-Ocse di residui di apparecchiature elettriche ed elettroniche e di navi e imbarcazioni obsolete. Fatta la legge, trovato l’inganno e adesso speriamo che trovino anche il rimedio!

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