[22/11/2006] Energia

L´Iter nucleare che non vorremmo mai dover vedere

LIVORNO. Cerimonia in pompa magna quella che si è svolta ieri a Parigi per siglare il trattato internazionale che darà il via alla realizzazione del primo reattore a fusione che produca più energia di quanta ne consumi. Per la nascita di Iter (che stava per International Thermonuclear Experimental Reactor, ma che è stato poi usato per il significato della parola latina, cammino) erano infatti presenti ieri il presidente francese Jacques Chirac e quello della Commissione europea Josè Barroso, che all’Eliseo hanno presieduto alla cerimonia che ha dato il via definitivo al progetto internazionale di cui sono partner oltre all’Unione Europea, la Russia, la Cina, il Giappone, gli Usa, l’India e la Corea del sud.

L´Iter è un reattore a fusione nucleare, una reazione in cui due atomi sono spinti a fondersi l’uno con l’altro. La reazione produce un nuovo atomo più pesante di elio, l’emissione di una particella e lo sprigionamento di molta energia. In questo caso i due atomi spinti a fondersi sono due isotopi dell’idrogeno (deuterio e trizio); il trizio non esiste in natura e deve essere prodotto, ´sparando´ il neutrone generato dalla reazione contro il litio, mentre per il deuterio l’approvvigionamento sarà attraverso l’acqua pesante generata in un´altra centrale nucleare a fissione.

Sarà costruito a Cadarache, nel sud della Francia, dopo un lungo braccio di ferro con il Giappone che lo avrebbe voluto sul proprio territorio, e costerà ben 10 miliardi di euro, di cui il 50% saranno messi dall’unione europea e il 10% dalla Francia. Per i costi di utilizzazione, manutenzione e smantellamento è previsto che il 34% siano a carico dell’Ue e il 7% della Francia.
Secondo il commissario Barroso, questo progetto dovrebbe rappresentare la risposta alla doppia sfida della sicurezza energetica e dei cambiamenti climatici.

Il condizionale però è d’obbligo. Intanto perché il reattore a fusione Iter è una sperimentazione. che avrà solo il ruolo di fornire le indicazioni necessarie sulla fisica del plasma per permettere in seguito di avviare una reazione di fusione stabile. Iter dovrebbe infatti produrre energia in quantità da cinque a dieci volte superiore a quella necessaria per innescare e mantenere la reazione di fusione per qualche minuto. Un traguardo questo del superamento della soglia del bilancio energetico della fusione fino ad ora mai raggiunto e che è propedeutico all’uso energetico della fusione.

La potenza generata attraverso Iter non potrà essere quindi utilizzata per la produzione di energia elettrica e verrà neutralizzata attraverso un mantello schermante refrigerato ad acqua. Inoltre nella prima fase di Iter (almeno fino al 2025) non si prevede l´inserimento di un sistema per la produzione di trizio, che dovrà essere approvvigionato da fonti esterne, ovvero dai reattori a fissione della tipologia Candu che utilizzano nel circuito di refrigerazione acqua pesante (acqua in cui l’idrogeno è sostituito dal suo isotopo più pesante, il deuterio).

Il primo plasma dovrebbe essere generato, secondo la tabella di marcia entro la fine del 2016 e dovrebbe portare le sperimentazioni verso un mantenimento di questo stato per qualche minuto.
Ciò che verrà realizzato nel sud della Francia non sarà quindi ancora una centrale elettrica, non produrrà cioè ancora nessun chilowatt di energia, ma vi verranno testate alcune soluzioni tecnologiche necessarie per la futura centrale vera e propria che fa parte di un altro progetto dal nome Demo, che sarà assai più grande e ancora più costoso dell´Iter, perché richiederà anche la costruzione di strutture sensibilmente più complesse per la produzione del trizio direttamente nell´impianto.

Inoltre le necessità di efficienza nella produzione di energia, richiederanno refrigeranti diversi dall´acqua (come in Iter), e quindi la necessità di ricorrere a tecnologie più avanzate e più costose.
Tra l’altro la costruzione della centrale elettrica dovrebbe avvenire, secondo gli accordi, non in Francia bensì in Giappone.

La Francia è ad oggi il paese europeo con la maggior concentrazione di reattori nucleari, di cui 58 del tipo ad acqua in pressione e due del tipo a neutroni veloci, con cui produce elettricità in disavanzo, tanto che ne esporta a basso costo in quantità considerevoli (anche in Italia).

Possiede anche un impianto di ritrattamento del combustibile irraggiato e una parte del plutonio che vi viene riciclato in combustibile ad ossidi misti (Mox) è poi utilizzato in venti dei 58 reattori. Per la gestione dei rifiuti e delle scorie ad alta attività però anche in Francia, come nel resto del mondo, sono ancora a livelli di ricerca sia per il trattamento sia per i depositi definitivi.

La Francia è stata anche il paese che ha ospitato il Superphenix, un reattore autofertilizzante veloce, per la cui realizzazione aveva partecipato per un terzo dei fondi necessari anche l’Italia e che si è rivelato uno dei peggiori fallimenti nella storia del nucleare, sia per l’entità dei costi sia per le aspettative riguardo alla tecnologia.
Ma evidentemente non è ancora soddisfatta, se ancora continua ad investire su questo tipo di tecnologie!

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