[23/11/2006] Rifiuti

Speciali in tutto! Anche nell’essere ignorati

AREZZO. Leggendo sulle vostre pagine i vari interventi, interviste e indagini sul problema dei rifiuti se ne ricavano le seguenti considerazioni:

1) il quadro giuridico-normativo che dovrebbe essere di riferimento per tutti coloro che volessero rispettare doveri e pretendere diritti è assolutamente incerto per non dire evanescente. Vi è una legge in vigore, comunemente definita Testo Unico, che è in via di revisione. Revisione che sarà più o meno profonda ma che non si sa quando, essa stessa, andrà in vigore. Nel frattempo dal ministero dell’ambiente ci avvertono, sempre dalle vostre pagine, che ciò che è in vigore è bene che non venga tenuto di conto. Ergo, siamo in uno stato di diritto ( al quale dovrebbero corrispondere dei doveri) dove ciò che è diritto (e dovere) non andrebbe considerato;

2) La alluvionale normativa in questione ( direttive europee, leggi e decreti nazionali, leggi e delibere regionali, Piani regionali e provinciali, Piani industriali ecc……) è sistematicamente disattesa, quando non ignorata del tutto, dalle stesse istituzioni deliberanti. Si va dai procedimenti di infrazione della Comunità Europea nei confronti dello Stato per la non applicazione delle direttive, alla non applicazione delle leggi sul GPP, al non rispetto delle leggi regionali vigenti, alla ignoranza dei Piani regionali e provinciali ( e quindi al loro sostanziale e formale, perfino ostentato, non rispetto), alla reiterata inevasione e/o non rispetto, formale e sostanziale, delle pratiche autorizzatorie e delle autorizzazioni già rilasciate;

3) In questo contesto si assiste a quello che qualcuno avrebbe definito “sovversivismo dall’alto”, per il quale chi è chiamato e delegato ( e pagato) per dare soluzioni, si mette a fare conferenze stampa per denunciare il problema (quando non a capeggiare, e sollecitare, contestazioni). E il riverbero mediatico di questo modo di governare ( si fa per dire) assume ( e somma), in un linguaggio che denota l’assoluta ignoranza degli argomenti di cui si parla, l’allarmismo delle emergenze, sempre dietro l’angolo, con gli scenari apocalittici che deriverebbero perfino da un impianto di compostaggio o di recupero degli inerti. Denunce e allarmismi tutti dedicati a ¼ del problema (i rifiuti urbani) e assolutamente ignoranti dei ¾ del problema (i rifiuti speciali e pericolosi);

4) E’ così che, come in una sorta di circolo vizioso e omertoso, un milione di tonnellate di rifiuti speciali e/o pericolosi che vengono prodotte da una fabbrica manifatturiera non rappresentano un problema per nessuno, e quindi neanche per gli organi di controllo, mentre un Kg degli stessi rifiuti che entrano in un impianto di trattamento (comunque per mitigarne gli impatti) diventano una bomba ecologica. Vera o presunta. Anche per gli organi di controllo. Quegli stessi organi di controllo ( che sono diversi e diversamente formati) che, ovviamente, hanno gli stessi problemi di interpretazione di leggi e norme che hanno le imprese e le istituzioni. Con una differenza: che all’impresa controllata, al cospetto del singolo controllore, non è dato interpretare proprio un bel nulla;

5) Deve essere per questo che tutto, ma proprio tutto, ciò che viene investito ( in risorse finanziarie e umane) da parte degli organi di controllo è tutto concentrato e circoscritto alla impiantistica di trattamento, di recupero e di smaltimento e nulla, ma proprio nulla, è indirizzato a controllare ciò che si produce e dove si produce ( sono 420.000 le imprese toscane, ma quelle grandi e medie non sono neanche 1/10). Di questo nessuno ne vuol sapere nulla. Compresi i comitati che, anzi, nel mentre sostengono la ripubblicizzazione dell’acqua, sostengono contemporaneamente che la soluzione del problema dei rifiuti speciali deve essere lasciato alle imprese che le producono e totalmente in mano al mercato: il pubblico non se ne deve interessare. Vale la pena evidenziare che in ciò esiste una perfetta coincidenza di vedute con le associazioni rappresentanti le categorie produttive (anche di rifiuti)?

6) Eppure non ci vorrebbe molto ( o no?) per capire che è esattamente questo il brodo di coltura dentro il quale proliferano le ecomafie. Eppure non ci vorrebbe molto (o no?) per capire che se un problema fisico ( i rifiuti, tutti i rifiuti) non trovano una soluzione fisica ( riduzione-recupero-smaltimento) l’inserimento dei delitti ambientali nel codice penale rischia di rappresentare, né più né meno, ciò che rappresenta la Bossi-Fini per le droghe. Eppure non ci vorrebbe molto ( o no?) per ipotizzare, anche soltanto ipotizzare, che forse qualche impresa che recupera, tratta e smaltisce i rifiuti, può anche non essere ecomafiosa e aver scommesso sulla propria correttezza di comportamenti perfino facendone una propria cifra di mercato. Ma in queste condizioni, c’è qualcuno che gli dice, e gli sottoscrive, cosa come e dove fare le cose per bene e indubitabilmente secondo legge? E c’è qualcuno che sa guardare alla Germania non solo per portarci i rifiuti ma per vedere che cosa ha realizzato sul versante dell’industria ambientale e come compete nella globalizzazione economica?

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