[23/11/2006] Acqua

Il punto sull´Arno 40 anni dopo

EMPOLI (Firenze). Parla di solidarietà citando De Marchi (presidente della commissione interministeriale istituita dopo l’alluvione del1966) il segretario generale dell’autorità di bacino del fiume Arno Giovanni Menduni intervenuto al convegno “Arno 40 anni dopo” organizzato da Legambiente Toscana.

«Il bacino è costituito da una comunità sociale, economica ambientale, quindi ci vuole condivisione e solidarietà per risolvere i problemi complessi. Il danno di un’alluvione tipo quella di quarant’anni fa è quantificabile circa nel 2% del pil attuale del nostro Paese- continua Menduni- quindi bisogna orientarsi verso un’attenta azione di prevenzione. La difesa del suolo si attua attraverso il governo del territorio, interventi strutturali e con l’azione di monitoraggio e contrasto agli eventi in atto, cioè con l’azione di protezione civile. Tutto questo inserito in un contesto di sostenibilità ambientale con creazioni di reti ecologiche, riqualificazione fluviale, produzione di energia rinnovabile, realizzazione di vie per la mobilità sostenibile». Il segretario poi si sofferma sui cambiamenti climatici «I bilanci idrologici annuali ci dicono che le portate sono in diminuzione ma contemporaneamente sono intensificati i picchi di precipitazione. Questa è una realtà che dobbiamo affrontare- conclude Menduni- anche per calibrare gli interventi strutturali».

Affrontando il legame qualità-quantità della risorsa si sofferma sulla carenza idrica anche Gilda Ruberti, del settore tutela acque interne e del mare della Regione Toscana «ci sono situazioni di carenza idrica diffuse nella nostra Regione specialmente in alcune stagioni, ma per fortuna non si sono ancora avuti i danni che invece nel tempo si sono registrati per gli eccessi d’acqua, per le alluvioni. Riteniamo che in questa fase siamo ancora in tempo per prevenire il danno da carenza idrica ma il problema è sottovalutato. E’ necessario superare limiti e criticità, ad esempio non abbiamo completa conoscenza dei fenomeni di “minima” e dei prelievi - conclude Ruberti- ed intervenire con efficienza ecologica che implicitamente porta all’efficienza economica».

L’efficienza si ottiene a monte con una pianificazione integrata «sono molti anni che la Regione pianifica in modo integrato- afferma Riccardo Baracco dell’area Pianificazione del Territorio- la L.R. 1 del 2005 sul governo del territorio, sottoposta alla direttiva 42/2001 che impone la valutazione ambientale strategica, prevede le invarianti strutturali ed è ormai scritto da più parti che non si deve aumentare il rischio idraulico con i nuovi insediamenti. Il nuovo Pit è integrato con le conoscenze del Pai proprio per gli aspetti del rischio idraulico ed è uno strumento dinamico modulabile e modificabile. La visione della pianificazione è integrata, ma ci sono sempre rischi di aggressione ai sistemi ambientali- conclude Baracco- per questo riteniamo importante il patto tra Uncem, Urpt, Anci sul monitoraggio del territorio».

Presentando i risultati di uno studio condotto da Legambiente Toscana per conto dell’autorità di bacino dell’Arno durante il 2005, Beatrice Pucci, ha fatto il punto sulla funzionalità fluviale del corso d’ acqua «La funzionalità fluviale del fiume Arno nei tratti studiati, oltre 100 km, è complessivamente scadente soprattutto per caratteristiche biologiche, struttura dell’alveo (rettificazione e conseguente erosione, rive artificiali, scarsa diversità ambientale), antropizzazione del territorio. Le cause- prosegue Pucci- sono da ricercarsi principalmente nell’elevata presenza di inquinanti nelle acque e contemporanea assenza o riduzione delle fasce di vegetazione perifluviale con conseguente diminuzione della loro azione filtro nei confronti dei nutrienti. Inoltre, l’inefficace gestione complessiva del territorio (impermeabilizzazione dei suoli, edificabilità, utilizzo agricolo di aree di pertinenza fluviale) e degli ecosistemi fluviali (arginature, canalizzazioni, riduzione degli ambiti fluviali)- conclude Pucci- inducono ad una diminuzione della capacità autodepurativa del corso d’acqua».

Ridurre il rischio idraulico riqualificando il reticolo idrografico minore ed operando secondo i principi della riqualificazione fluviale è non solo possibile ma conveniente. Questo è quanto si evince dalle esperienze applicative “raccontate” da Beppe Baldo del Consorzio di bonifica del Desesile «noi ormai sono dieci anni che operiamo secondo i criteri della riqualificazione fluviale, attraverso un processo partecipato che sta a monte di ogni nostro intervento. Fare formazione interna, confrontarsi con tutti, nel nostro caso con i proprietari dei terreni limitrofi ai corsi d’acqua, è faticoso ma porta risultati e nel medio lungo periodo costa meno».

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