[24/11/2006] Urbanistica

Ecosistema a rischio, anche in Toscana

LIVORNO. Presentato oggi “Ecosistema Rischio”, l’indagine di Legambiente e Dipartimento della protezione civile, che fotografa la situazione dei comuni italiani a rischio idrogeologico. Dati preoccupanti: troppo cemento lungo i fiumi e i torrenti italiani, con l’80% dei mille comuni più esposti a rischio idrogeologico che nelle aree minacciate da frane e alluvioni ha ancora case, un terzo addirittura interi quartieri e più della metà vede addirittura sorgere in queste aree fabbricati industriali. Nel 37% dei comuni non esiste la manutenzione ordinaria delle sponde e le delocalizzazioni delle strutture presenti nelle aree a maggiore pericolo non sono mai iniziate.

Va meglio per l’organizzazione locale di protezione civile, circa 4 comuni su 5 hanno piani d’emergenza in caso di frana o alluvione, anche se più del 50% non lo ha aggiornato. Due comuni su tre sono insufficienti nella mitigazione del rischio idrogeologico, il 28% non fa nulla per mettere in sicurezza del territorio. Tra le “maglie rosa” assegnate ai comuni più meritori da “Operazione Fiumi 2006” di Legambiente e Protezione Civile la prima in classifica è Santa Croce sull’Arno (Pi) insieme a Palazzolo sull’Oglio (Bs). Le 5 “maglie nere” vanno tutte al centro-sud. In Toscana sono a rischio frana 15 comuni, a rischio alluvione 31, a rischio frana e alluvione 234, praticamente il 98% delle amministrazioni comunali della regione.

Con il il 59% le Marche sono la regione con la percentuale di comuni più attivi contro il rischio idrogeologico, ma anche in Toscana i comuni più meritori raggiungono il 51%, e se solo l’1% ha svolto un lavoro ottimo, il 25% ha fatto un lavoro buono ed una identica percentuale è giudicata sufficiente, il 49% dei comuni ha compiuto un lavoro di mitigazione del rischio ritenuto negativo (scarso 37% e insufficiente 12%).

In fondo alla classifica Abruzzo, Calabria e Sardegna

Venendo al capoluogo regionale, si scopre che Firenze ha ancora quartieri e industrie in area a rischio idrogeologico, effettua manutenzioni ma non delocalizza, ma ha un piano di emergenza aggiornato e sistemi di monitoraggio ed allerta della popolazione in caso di pericolo, sono assenti le esercitazioni ma esiste un’attività di informazione e sensibilizzazione sul rischio. Insomma, voto sufficiente e sesto posto nella classifica dei capoluoghi di regione che vede in testa Roma.

Gli esempi positivi ci sono, ma la situazione dimostra che gran parte dei comuni non lavorano per rendere meno fragile il territorio.
«I disastri ambientali che vedono protagonisti i fiumi italiani sono la diretta conseguenza di scelte sciagurate compiute dall´uomo – sottolinea Francesco Ferrante, direttore generale Legambiente – l’abusivismo, l’urbanizzazione delle aree golenali e la mancata manutenzione ordinaria dei corsi d’acqua, sono spesso le vere cause delle catastrofi. Questa situazione purtroppo non è solo eredità del passato, ancora oggi l’abusivismo aggredisce fiumi e torrenti e troppo spesso le opere di messa in sicurezza realizzate lungo le sponde divengono alibi per continuare a costruire in aree a rischio. Quest’anno finalmente i fondi stanziati dalla Finanziaria per la difesa del suolo tornano a crescere in modo consistente – conclude Ferrante - diventa improrogabile che soprattutto i Sindaci li spendano per interventi realmente efficaci, segnando un’inversione di tendenza verso la buona gestione del territorio, mettendo la sicurezza dei cittadini tra le priorità assolute del loro lavoro».

«Con i cambiamenti climatici in atto e le frequenti precipitazioni temporalesche intense – spiega Simone Andreotti, responsabile nazionale Protezione Civile Legambiente – oltre ai grandi fiumi è fondamentale monitorare e mettere in sicurezza l’immenso reticolo di corsi d’acqua minori italiani. Torrenti, fossi e fiumare dove si sono compiuti spesso gli scempi urbanistici più gravi, con intubazioni, discariche abusive, ponti sottostimati e con le case sin dentro gli alvei. Soprattutto in questi punti estremamente critici – conclude Andreotti - è prioritario iniziare ad abbattere le case abusive e a delocalizzare le strutture più a rischio, concretizzando interventi di qualità di messa in sicurezza».

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