[30/11/2006] Comunicati

Ambientalisti, sostenibilità e partiti

Mentre il centrosinistra governa, con non pochi affanni, la discussione sulla nascita del partito democratico e sulla ridislocazione delle singole forze del centrosinistra fa emergere diversità di vedute anche nel panorama ambientalista. E la dialettica che si è aperta riguarda gli ambientalisti presenti in tutte le formazioni. E’ di oggi l’intervista su l’Unità di Fabrizio Vigni (Nella foto), portavoce della Sinistra ecologista, che annuncia la sua volontà di impegnarsi nella costruzione del futuro partito democratico assieme all’associazione degli ambientalisti che fanno riferimento ai Democratici di sinistra.

Mentre Fulvia Bandoli che è stata una delle fautrici della trasformazione dell’esperienza dell’area tematica ambientalista dei Ds nell’associazione Sinistra ecologista e che all’ultimo congresso Ds era la prima firmataria della mozione ambientalista, è tra i contrari. E Sergio Gentili (animatore anche lui della Sinistra ecologista e di quella mozione) preferisce la strada della federazione e la necessità di far marciare il Pd su un percorso diverso da quello di oggi. Insomma anche tra gli ambientalisti che si muovono all’interno di uno stesso partito, ma potremo estendere il ragionamento anche ad altre realtà organizzative si assiste ad una articolazione che segue i partiti di riferimento sia che si dicano riformisti, che radicali, che antagonisti.

E questo avviene proprio nel momento in cui si assiste, non solo e non più a livello culturale, ma anche politico, alla tematizzazione di un idea di ecologia che non può più assolutamente essere intesa come salvaguardia dalla economia, bensì con questa indissolubilmente integrata.

Che l´idea e la pratica di una economia imperniata sulla crescita e di un ambientalismo impegnato a mitigarne gli impatti è roba del secolo scorso e non regge più, oramai ce lo dicono Al Gore e Giddens, Stern e Blair e............udite, udite, perfino Tremonti.

Insomma le questioni ambientali sono uscite per fortuna dala visione e dalla pratica ristrette alla salvaguardia e hanno guadagnato il posto prima ai tavoli della cultura e della scienza, poi (anche se siamo ancora agli inizi e alla insufficienza) a quelli della politica e dell’economia. Finalmente sembrano chiari i problemi provocati da un modello di crescita infinita applicato ad un pianeta che non ha risorse infinite e che lo sta dimostrando a ritmi sempre più accelerati. A parlare il linguaggio dei costi e dei bilanci di una economia basata su questi criteri non sono più attivisti ambientalisti ma, appunto, consiglieri economici e primi ministri, e le obiezioni a queste analisi, ormai rimangono ai livelli di nicchia, in cui prima stavano le istanze ambientaliste.

Insomma sono (sarebbero) oggettivamente maturi i tempi in cui la sostenibilità può tentare di smarcarsi dalle vuote e obsolete etichette (riformismo, antagonismo, radicalismo) per fecondare il terreno del centrosinistra e costruire una moderna (alternativa) elaborazione di senso e di verso: l´economia ecologica. Ma la domanda è: questi tempi, sono soggettivamente maturi? E se si, in quali forme e con quali strumenti? Chiederemo nei prossimi giorni a chi di dovere.

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