[07/02/2006] Acqua

Acqua, non solo la proprietà, anche la gestione deve essere pubblica

PIOMBINO. L’assemblea dei sindaci dell’Ato 2 Napoli – Volturno che ha revocato la delibera con la quale si affidava la gestione del servizio idrico integrato ad una società mista, atto che avrebbe aperto la strada all’ingresso dei privati, ha dato inevitabilmente nuova spinta alla discussione anche in Toscana.

Il tema è molto sentito ed ha visto associazioni, movimenti, partiti e cittadini impegnati nella campagna che ha portato alla raccolta di firme per una legge regionale di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua, oggi in attesa di essere discussa dal Consiglio Regionale.

L’occasione che ci viene offerta dalla scelta campana andrebbe colta, a partire dal depurare il confronto da artificiose semplificazioni che pretenderebbero attribuire ai promotori della proposta di ripubblicizzazione aspettative “nostalgiche” di ritorno alla gestione pubblica del passato, tristemente nota per casi di malfunzionamento e indebitamento non giustificabili.

Tutti riconoscono all’acqua il fatto di essere un bene essenziale. Poi si afferma che non ci sono solo due possibili ricette: liberismo assoluto o gestione pubblica totale, che non saprebbe cogliere il valore aggiunto in efficienza di un ingresso del privato.

La via di mezzo è suggestiva: “modello integrato”, dove l’apporto del privato verrebbe ad integrare, appunto, un’azienda che rimarrebbe saldamente in mano pubblica, sia nella proprietà delle reti (totalmente) che nella gestione (dove invece si è intervenuti ad una partecipazione esterna).

Vediamo praticamente di cosa si tratta. Il presupposto è che un’azienda tutta pubblica non può funzionare e, soprattutto, che servono enormi investimenti e capitali che il pubblico non può reperire. Invece di mirare a far funzionare detta azienda, cercando poi eventuali collaborazioni con i privati, si fanno accordi con questi, spesso multinazionali, offrendo loro una sostanziale preminenza sia cedendo l’Amministratore Delegato che subordinando le politiche di gestione ad interessi non pubblici, dettati dall’aspettativa della produzione di un profitto. Le bollette aumentano, non solo a causa di errori, le fasce agevolate per basso reddito vengono messe sotto pressione, la gestione viene improntata sui soli indicatori di mercato. Le previsioni parlano di ulteriori aumenti negli anni, forse a dimostrare come la decantata efficienza non porta risparmio.

Il tema degli investimenti necessari a contrastare la dispersione idrica della rete, propagandato come causa principale della privatizzazione, viene tradotto, purtroppo, in modo non efficace. Al nuovo socio privato viene riconosciuto un interesse ben superiore agli oneri previsti per reperire tali capitali sul mercato finanziario. In più, ad esempio ad Arezzo, viene riconosciuta una quota ulteriore a titolo di riconoscimento della conoscenza ed esperienza apportate.

Ma dove vanno a finire questi soldi? A Livorno, non è una novità, sono andate a coprire la voragine di debiti aperta dalla vecchia società e da altre collegate, dei più vari settori; niente in manuetenzione e ammodernamento di acquedotti e depurazione. Il risultato è che ci troviamo con l’avvenuto ingresso del privato, a pagargli interessi esosi e ad essere nuovamente nella condizione di dover cercare soldi.

Nel contempo le sedi decisionali e di controllo risultano sempre più lontane e impermeabili ad una virtuosa partecipazione da parte dei cittadini.

E’ questo il tema di cui avvertiamo l’esigenza di confrontarsi seriamente: non di un nostalgico invito ad un ritorno al passato, ma di una nuova gestione pubblica e partecipata, che anteponga il diritto all’accessp all’acqua come bene primario alle logiche di mercato e sottometta le scelte amministrative e di indirizzo ad un reale controllo dei cittadini, capace di scongiurare le disastrose scelte del passato e del presente.

* Mario Gottini è Consigliere ARCI Zona Val di Cornia - Elba

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