[11/12/2006] Recensioni

La recensione. Intorno allo sviluppo sostenibile. di Wolfang Sachs e Peter Bartelmus

In questo libello edito qualche anno fa dall’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana e dall’Associazione Ambiente e Lavoro della Toscana, Sachs e Bartelmus espongono in modo piano e divulgativo il concetto di sostenibilità, la quale ha tre dimensioni fondamentali: la sostenibilità ambientale, la sostenibilità economica e la sostenibilità sociale. L’aspetto ambientale, che spesso erroneamente viene fatto coincidere con il concetto stesso di sostenibilità, è strettamente legato invece agli altri due nella misura in cui non può sussistere senza di essi. Questa palese verità è ancora oggi (volontariamente?) ignorata da una logica di mercato che spinge al consumismo, alla delocalizzazione dei processi produttivi nei paesi in cui il lavoro ha un costo minore, alla crescita continua della produzione e dei consumi e - quindi - dei rifiuti.

In che senso parlare allora di economia e di società sostenibili?
L’accento viene posto sulla capacità dell’economia di resistere alle “perturbazioni esterne dell’ecosistema di cui fa parte, realizzando prodotti che incorporino sempre più conoscenza e comportamenti equilibrati tra impiego di fondi (…) e impiego di flussi (…) senza né depauperarsi (…) né scaricare su altri, vicini o lontani, le conseguenze della loro produzione medesima”.
Queste riflessioni sono indubbiamente interessanti - ma affinché la sostenibilità sia pienamente raggiunta a livello economico, sociale ed ambientale, occorre anche superare l’attuale mentalità consumistica che spinge l’individuo ad acquistare quello che la pubblicità rende “oggetto del desiderio”, non curandosi del fatto se ciò sia un altro bene superfluo destinato a breve ad avere un impatto sull’ambiente come rifiuto.

Il problema può esser letto invece da una prospettiva diversa, funzionale ad un adeguamento reale della qualità della vita e del lavoro per tutti gli esseri umani e dunque ad un “cambiamento qualitativo” rivolto anche al prodotto, che porti - come conseguenza - un minore prelievo di materie prime dall’ecosistema e riconduca dentro la possibilità metabolica naturale il problema degli scarti.

Osservando in che modo il principio di sviluppo è stato applicato nel corso degli ultimi due secoli, Wolfang Sachs esamina le implicazioni che questo ha avuto con i grandi temi della giustizia, della supremazia e della globalizzazione. La questione dell’equità è il motivo cardine su cui si sviluppa il ragionamento dell’autore e colpisce in che misura un tale cambiamento di prospettiva sia in grado di far assumere alle cose un significato completamente diverso.
La giustizia, che si era connotata in passato come l’ideale che sottendeva al concetto di sviluppo inteso come crescita economica, ha perso oggi la sua valenza positiva perché ha mostrato di essere misurata solo alle esigenze di una certa parte della popolazione mondiale che si identifica con quella dei paesi ricchi e industrializzati. Confrontarsi seriamente con il grande tema dell’equità significa oggi rivedere il concetto di giustizia e comprendere una volta per tutte che questa idea è inconciliabile con la ricerca di una crescita economica senza limiti.

Inutile cercare di far convergere le opposte visioni degli ambientalisti e degli economisti sulla sostenibilità: ognuno è portato a modulare questa nozione in base ai propri interessi e obiettivi tanto che ha sostenibilità ecologica o sostenibilità economica. Con questo approccio apparentemente manicheo alla questione Peter Bartelmus non intende dire che sia impossibile giungere ad un compromesso che contrasti l’attuale corsa all’autodistruzione. Ma “un passo importante verso la riconciliazione sarebbe quello di (..) mettere esplicitamente in relazione l’insieme degli obiettivi e delle norme sociali ed ambientali rispetto all’attività economica (…) specificando un quadro di riferimento normativo all’interno del quale si potrebbe svolgere l’attività economica di mercato”. Ciò sarebbe realizzabile se un processo decisionale collettivo stabilisse norme e standard da rispettare in nome di un interesse comune che appagasse tanto gli economisti che gli ambientalisti.

La via per raggiungere questo compromesso è indicata nella progressiva implementazione dell’efficienza nelle tecniche produttive. Implementazione possibile, a sua volta, da una sempre maggiore ricerca di tecnologie e stili di vita rispettosi per l’ambiente. Insomma, la pratica della sostenibilità pretende di “fare il possibile da subito (anche se insufficiente) senza perdere di vista il necessario (anche se più difficile)”.

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