[12/12/2006] Acqua

Cirelli (Autority Emilia Romagna): la difesa dell´acqua come bene pubblico può essere portata avanti con varie formule imp

BOLOGNA. Il dibattito sull’acqua bene comune, innescato dalle dimissioni di Riccardo Petrella dalla presidenza dell’Acquedeotto pugliese, è in realtà latente su tutto il territorio nazionale. In Emilia Romagna è stato sancito nello Statuto della regione che l’acqua è un bene comune e si è costituita una Autorità che deve vigilare sulla gestione del bene. In Toscana è stata da poco discussa e rinviata una proposta di legge di iniziativa popolare che chiedeva la ripubblicizzazione dell’acqua.

Il tema è quello di due visioni che partono da uno stesso principio, ovvero che l’acqua è un bene comune, ma che si dividono poi sulla strategia di gestione di questo bene affinchè sia garantito a tutti il diritto alla sua fruizione.
Abbiamo chiesto una riflessione su questo ad Andrea Cirelli (nella foto), Autorità per la gestione dell’acqua e dei rifiuti dell’Emilia Romagna.

Qual è la riflesione che trae dalla discussione innescata in Puglia per le dimissioni di Riccardo Petrella da presidente dell’Acquedotto pugliese?
«E’ assolutamente fondamentale ragionare con calma e onestà intellettuale sul valore d’uso dell’acqua e sulla necessità di considerarla un bene comune. Spesso ci si posiziona da una parte o dall’altra in modo automatico senza capire meglio il tema.
Bisogna distinguere tra strategia e tattica. La strategia è partire dall’assioma che l’acqua non può essere un bene privato e su questo costruire un percorso condiviso per ottenere questa garanzia. La tattica è trovare le modalità per non andare poi a confliggere sul modo in cui si danno queste garanzie».

Ma il rischio non è che nella individuazione della tattica si perda di vista la tutela del bene primario?
«Sì. Nella legittima discussione su come ottenere questo risultato si può perdere di vista il risultato stesso. In Puglia come in Lombardia o in Toscana. E che divergenze tra soluzioni possibili possano far perdere la difesa del principio primario.
Ed è un peccato che una persone qualificata e rigorosa che si era impegnate in Puglia, ma anche a livello nazionale e internazionale, sia costretta a dichiarare il fallimento. Perché comunque il tema rimane».

Infatti, e tra l’altro sul principio di fondo sia Petrella che Vendola si trovano d’accordo. E’ su come ottenerlo che sono nati i dissidi.
«Sono prevalsi protagonismi individuali, indipendentemente dalle scelte relative all’acquedotto pugliese. Ma auspico che sia la professionalità, sia il carattere deciso, sia la volontà, che sono di Petrella ma che devono essere di tutti, possano significare per l’Italia continuare un impegno per salvaguardare il bene. E’ un principio che non va nemmeno messo in discussione, la difesa di questo principio poi, può essere portata avanti con varie formule imprenditoriali. In Emilia Romagna il bene è stato salvaguardato anche attraverso la gestione data a società come Hera e Enia, perché nello statuto c’è scritto che l’acqua è un bene comune. Siccome la difesa di questo principio può richiedere gradualità, deve tenere conto delle caratteristiche territoriali».

Uno degli argomenti di divergenza sembra essere stato la concessione gratuita di 50 litri d’acqua procapite, lei è d’accordo con questa proposta?
«Che l’acqua è un bene comune non significa che debba essere offerta gratuitamente a tutti, perché comunque è un bene prezioso e ha un prezzo. Io credo che sia giusto che nei sistemi tariffari vi debbano essere fasce diverse, ovvero una tariffa agevolata per gli usi primari, una tariffa base per gli usi comuni e una tariffa di eccedenza che penalizzi gli abusi. Da tempo auspico che un meccanismo di modularità del sistema tariffario venga introdotto anche nel sistema integrato dei rifiuti, che penalizzi chi ne produce troppi e premi i più virtuosi».

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