[13/12/2006] Aria

Smog & stress: polveri & polveroni

LIVORNO. I 14 avvisi di conclusione delle indagini inviati ad amministratori della piana fiorentina per non aver fatto rispettare la normativa europea di 35 giorni di superamento dei livelli di Pm10 nell’aria suggeriscono, devono suggerire, qualche riflessione.
I reati contestati a sindaci e assessori sono: emissione nell’atmosfera di sostanze pericolose (art. 674); non aver impedito un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire (art. 40) .

Il reato ipotizzato invece a carico del presidente della Regione Claudio Martini e del suo assessore all’ambiente Marino Artusa è l’articolo 328 (omissione di atti d’ufficio), ovvero non aver provveduto a un piano di risanamento dalle polveri sottili.

Formalmente l’indagine del pm Fernando Prodromo non fa una grinza: c’è una legge da rispettare, con dei limiti ben chiari fissati. Ma siamo in Italia e l’Italia ha un rapporto tutto suo con le leggi: nel 2005 Palermo ha sforato 206 volte il limite, Verona 163, Milano 152, Roma 125… E nessun magistrato si è mai sognato di aprire un’indagine. E poco importa sapere che gli indagati rischiano (quasi) tutti multe irrisorie.

Turba piuttosto, pensare che cosa potrebbe accadere se oggi i magistrati di ogni città italiana aprissero un’indagine identica a quella di Prodromo. Ma anche questo non vale come giustificazione, e non vale neppure il fatto che questa volta in realtà non siamo di fronte all’ennesimo caso italiano di usi/costumi che si affiancano e si sostituiscono alla legge: oggi si contano sulle punta delle dita le città europee che possono dirsi in regola con la norma Ue in questione.

Che in effetti tradotta nelle legislazioni nazionali e nella pratica locale è tutt’altro che semplice osservare e farla osservare. Intanto va sottolineato che chi non ha centraline per il rilevamento dell’inquinamento atmosferico non risulta passibile di reato, almeno di quelli che sono stati contestati agli amministratori toscani. Ma neppure la presenza o meno di centraline è dirimente! Molto più dirimente è il loro posizionamento. E’ esemplificativa a questo proposito la giustificazione portata dal sindaco di Sesto Fiorentino: «Non capisco dove hanno preso questi dati – afferma Gianni Gianassi – noi non abbiamo centraline». Si possono dire verità inattaccabili eppure non corrispondenti alla realtà: la centralina a Sesto Fiorentino c’è eccome, è in viale Gramsci, ma è stata installata non dal Comune bensì da un privato, e comunque è stata ritenuta idonea dall’Arpat che ne ha registrato i rilievi costantemente nel corso del 2005.

Ci sono poi diverse interpretazioni dei conteggi, delle medie e dell´interpretazione di questi e di quelle. Va considerata la centralina che ha avuto il numero massimo dei picchi (come sostiene l’assessore all’ambiente del Comune di Firenze Claudio Del Lungo, segnalando i 44 sforamenti fiorentini nel 2006), oppure va fatta una sorta di sommatoria che porta a 65, come invece indica Legambiente, gli sforamenti fiorentini nel 2006?
E ancora, l’unica centralina piazzata a Signa, nella via Roma che collega alla zona industriale, ha la stessa valenza probatoria della stazione che legge la qualità dell’aria a Prato, in via Ferrucci?

Sulle stesse centraline c’è molto da dire. Tralasciando guasti, manutenzioni e vandalismi che possono bloccarne l’attività per diversi giorni, ogni centralina è diversa dalle altre a partire dagli inquinanti che prende in considerazione. Le polveri sottili sono infatti spesso accompagnate dai dati su monossido di carbonio, ozono, biossido di zolfo, ossidi d’azoto, idrocarburi, benzene… Ma quello che per esempio manca totalmente è la possibilità di misurare e monitorare le polveri di dimensioni più piccole. Sia le cosiddette PM 2,5 che le cosiddette nanoparticelle (inferiori a un micron), che pure vengono diffuse da qualsiasi combustione e che ancora nessuno è in grado nè di misurare nè di monitorare. E, da quello che sostiene il prof. Montanari, neanche è possibile impedirne la emissione.

Comunque, anche per le Pm10, che hanno fatto scattare il provvedimento del magistrato fiorentino, va ricordato quali sono le fonti emissive: il traffico prima di tutto, le caldaie delle abitazioni, le attività industriali, oltre a vari fenomeni naturali o indiretti. Basti vedere la diatriba sorta a Massa Carrara per il trasporto del marmo dalle cave: già 92 superamenti che secondo il circolo locale di Legambiente hanno come maggiore tresponsabile i camion che trasportano blocchi di marmo. «Chiediamo al sindaco - dicono gli ambientalisti - di vietare il transito dei camion per tutto il resto del mese ogniqualvolta si verifichino tre superamenti nel mese (corrispondenti a 36 superamenti annui). Basterebbe questa misura per risolvere davvero il problema, anche perché i camionisti, sapendo che pagherebbero col fermo-camion la loro trascuratezza nell’adottare misure anti-polveri, sarebbero i primi ad escogitare soluzioni tecni-che efficaci. Probabilmente si premurerebbero di lavare e asciugare i camion prima di immettersi nella viabilità ordinaria, di asfaltare i raccordi della viabilità di cava a quella ordinaria, coprire i camion, farsi carico del lavaggio delle strade, ridurre la velocità, fermare i loro colleghi poco rispettosi dei cittadini, ecc».

In attesa di vedere se il Comune di Carrara prenderà decisioni in tal senso (e quali gli effettivi risultati), noi torniamo a Firenze dove secondo i reati ipotizzati gli amministratori non avrebbero fatto abbastanza per abbattere le emissioni inquinanti. Eppure, proprio a Firenze, sono diverse le azioni intraprese, nel bene e nel male.

Va sottolineato nel bene e nel male perché in un’ottica di riduzione dell’inquinamento vanno inseriti interventi tra i più contestati dai comitati cittadini: la Tav, il sottoattrversamento fiorentino, la tramvia… vanno tutti comunque nella direzione dell´abbattimento delle emissioni da traffico (tra parentesi oggi viene inaugurata a Parigi la tranvia!), nel tentativo di mettere in grado il cittadino (soprattutto i pendolari) di poter rinunciare al mezzo privato e quindi a ridurre il suo carico di polveri & c.

Ma, a dimostrare che la verità non si taglia a fette come il salame, i suddetti tentativi sono comunque contrastati dalle popolazioni direttamente interessate dai lavori. Lavori che comunque hanno impatti, anche se di altro tipo. Compresi quelli di deviare il traffico, più o meno provvisoriamente, e di mettere in difficoltà, come abbiamo letto nelle settimane scorse, i commercianti interessati.

Il problema allora potrebbe essere quello di un rapporto fra partecipazione, decisioni e loro concretizzazione che pare essere in estrema sofferenza. Tanto che la discussione si traduce spesso in slogan contrapposti che cortocircuitano tra di loro. La difesa strenua e ideologica della salvaguardia dell´esistente, come dimostra il caso in questione, non ci salva proprio per nulla. Come per nulla incidono le provocazioni opposte di Scandicci che dice “chiuderemo l’A1” o di Signa “chiuderemo l’Incile”. Il problema, qui e ora, è progettare una buona trasformazione delle città che abbia come criterio direttore la sostenibilità. Trasformare secondo la sostenibilità dunque! Oltre la salvaguardia dell´esistente insostenibile.

Dentro questo approccio, ad esempio, l´idea di misurare l´efficienza economica del trasporto pubblico in rapporto esclusivo con bilanci riferiti alle aziende appare sempre più, è il caso di dirlo, campata in pessima aria. Ma in pessima aria è campata anche l´idea che "il movimento è tutto, il fine è nulla"!

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