[14/12/2006] Comunicati

Ambiente sc: esperienza e know how «sostenibili» da esportazione

LIVORNO. Domani a Firenze apre la nuova sede della cooperativa Ambiente s.c., la società di ingegneria ambientale con oltre ottanta tecnici tra soci e dipendenti che operano nell’ambito delle attività di studio, pianificazione, gestione e controllo degli impatti ambientali. Fondata nel 1984 a Carrara da Patrizia Vianello, Ambiente sc mette a disposizione di aziende private e amministrazioni pubbliche un grande patrimonio di esperienze e professionalità. Abbiamo quindi colto l’occasione per intervistare proprio Patrizia Vianello sul tema della sostenibilità ambientale.

La vostra esperienza dimostra, non solo che l’ambiente può dare occupazione, ma anche che la sostenibilità ambientale pretende professionalità e conoscenza. Lei pensa che questo vostro patrimonio sia spendibile anche nel mercato globale? O meglio, vi siete posti, e se si, in che modo, il problema dell’esportazione del vostro know how anche nei Paesi asiatici dove lo sviluppo tumultuoso produce certamente impatti che per essere almeno mitigati avrebbero bisogno di imprese come la vostra?
«Assolutamente sì. Alla Cina onestamente non ci abbiamo ancora pensato, ma già lavoriamo con i Paesi dell’Est europeo. In particolare Romania e Bulgaria. Certo siamo ancora all’inizio perché in questi Stati non ci sono ancora i finanziamenti. Però c’è già sensibilità sulle questioni ambientali e quindi penso che possa partire un discorso importante entro i prossimi dieci anni».

La fase caotica che sta attraversando la legislazione ambientale ( testo unico, revisione ecc...) crea difficoltà anche alla vostra impresa?
«Tutti lavorano meglio quando le leggi sono chiare. Questa fase caotica come dite voi non fa bene a nessuno. Però questa situazione non ha impedito che le cose procedessero e, dal nostro punto di vista, proprio questa situazione ha fatto ricorrere di più le aziende a rivolgersi a noi per una consulenza. Il problema è che soprattutto le leggi in materia ambientale sono per loro natura il risultato di interpretazioni. E per questo spesso sono poco chiare».

Dal vostro privilegiato punto di osservazione, può darci un giudizio all´inclinazione alla sostenibilità della impresa toscana in generale e su quella manifatturiera in particolare?
«Bisogna fare una distinzione: da una parte la grande industria e dall’altra la piccola. La grande industria, e lo dico dopo 25 anni di esperienza, è molto sensibile oggi alle questioni ambienatli anche per le battaglie che sono state combattute, per l’attività sindacale fatta negli anni, e poi ha gli strumenti per metteral in pratica. Quello che si fa oggi, infatti, è soprattutto l’adeguamento alle leggi, oppure si lavora sulle bonifiche per gli errori fatti in passato o per fabbriche dismesse. Quasi tutte le grandi aziende fanno le certificazioni come l’Emas e l’Iso 14001, nonostante siano certificazioni volontarie e quindi non imposte per legge. Ripeto la sensibilità ambientale nella grande industria è diffusa. Molte aziende sicuramente si certificano anche per una questione di marketing, ma devo dire che è cresciuta molto anche la cultura della sostenibilità. Per quanto riguarda la piccola industria, invece, è chiaro che sopportano a fatica perché non hanno gli strumenti. Però vanno registrati anche dei significativi passi in avanti. In futuro prevedo che lavoreremo sempre più sul monitoraggio e sui controlli».

Lei parlava di certificazioni volontarie, crede dunque che per fare un ulteriore salto in avanti sarebbe auspicabile un irrigidimento, ovvero l’obbligo di legge?
«Per quanto in Italia le cose si facciamo soprattutto perché obbligati e quindi con un irrigidimento le cose potrebbero funzionare di più, ritengo che sia più auspicabile che cresca, come sto registrando, la cultura ambientale».

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