[27/12/2006] Energia

Nucleare, da Sessa Aurunca un´altra lezione sui nodi irrisolti

LIVORNO. Per qualcuno – anche autorevole – il nucleare sarebbe la soluzione a molti, se non a tutti, i mali relativi sia per l’approvvigionamento energetico, sia all’inquinamento da CO2 dell’atmosfera. Con poco uranio, infatti, si può produrre un´elevata quantità energia e, contrariamente a quello che succede con il carbone o il petrolio, non ci sono emissioni di anidride carbonica.

In Italia le centrali nucleari sono state chiuse dopo il noto referendum del 1987. Ma secondo i pro-nucleare il referendum andò come andò perché fatto subito dopo Chernobyl e quindi cavalcando l’emozione del disastro. Oggi, viene detto anche con forza, gli impianti sono molto sicuri.

Ammesso che sia così – ma i dubbi restano e forti – c’è almeno una questione che resta assolutamente irrisolta: che si fa con le scorie radioattive? Una questione tornata anche oggi alla ribalta della cronaca, come dimostrano le notizie provenienti dalla Sogin. Il suo presidente, Carlo Jean, si è infatti avvalso dei poteri sostitutivi conferitigli dal Governo in materia edilizia, per la realizzazione di un deposito temporaneo di rifiuti radioattivi nel sito della centrale nucleare di Sessa Aurunca.

Per la Sogin la struttura sarebbe necessaria come deposito temporaneo nell’ambito delle attività di smantellamento dell’impianto, che attualmente è in uno stato di “custodia protettiva passiva”. Ma cittadinanza e la maggior parte delle forze politiche sono contrarie, perché temono che la soluzione, da provvisoria, possa rivelarsi definitiva, stanti le persistenti difficoltà nell’individuare un sito nazionale dopo che è venuta meno l’opzione di Scanzano Ionico. Le scorie nucleari dell´ex impianto nucleare piemontese di Bosco Marengo, per chi non lo sapesse, sono state spedite in Kazakhistan.

Tutto questo, quindi, ci riporta alla questione di fondo che greenreport ha già sottolineato più volte: nel mondo ci sono 250.000 tonnellate di rifiuti radioattivi in attesa di essere sistemati in siti di stoccaggio, perché nessuno, nemmeno negli Stati Uniti che per primi hanno utilizzato questa tecnologia a scopi energetici, sa come e dove sistemare questo materiale. Se, dunque, a questa situazione qualcuno sa porre rimedio e magari anche dare più che ampie garanzie sulla sicurezza degli impianti, allora si potrà anche discutere ulteriormente sulla questione. Ricordiamo infine che l’uranio – che è alla base dell’energia nucleare - è una fonte non rinnovabile e come tale potrà essere disponibile a seconda delle stime per altri 50 o 70 anni.

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