[02/01/2007] Rifiuti

Classifiche qualità della vita, la contabilità ambientale è lontana

LIVORNO. Pochi giorni fa il Sole 24 ha pubblicato la propria classifica annuale sulla qualità della vita. Oggi lo fa Italia Oggi, l’altro grande quotidiano economico italiano che sulla base degli stessi dati elabora però una classifica con altri valori e parametri che dà esiti abbastanza diversi. Quello che però è identico, appunto, è la base di partenza: dati statistici forniti da centri di ricerca e uffici (Istat, Unioncamere, Infocamere, Abi, Inail, Inps… e Legambiente).
Sì, perché come aveva fatto Il Sole 24 Ore, anche Italia Oggi non ha potuto far altro, per la compilazione delle classifiche ambientali, che utilizzare i dati di Ecosistema urbano, l’indagine che annualmente Legambiente in collaborazione con l’istituto Ambiente Italia, presenta in estate.

Questa indagine ha un indubbio valore per l’associazione ambientalista, perché ha il merito di mettere sotto pressione i comuni e di spronarli a migliorare. Ma l’attendibilità scientifica e statistica dei dati è inevitabilmente bassa, perché i questionari di Ecosistema urbano vengono inviati ai comuni che li compilano in modo autonomo e li rispediscono a Legambiente che poi li gira nuovamente ai circoli locali (a campione) per una difficile verifica.

Il problema da evidenziare quindi è proprio questo: mentre per tutti gli altri campi esistono indicatori che possono anche essere migliorati ma che comunque hanno una validazione scientifica e statistica di un ente terzo, per i dati ambientali non esistono dati certificati e bisogna affidarsi all’’indagine di un’associazione ambientalista, che ha sempre chiaramente detto come dovevano essere letti i suoi dati. E si è sforzata anche di evidenziare e correggere errori commessi, ma che puntualmente poi sono finiti nelle due indagini sulla qualità della vita (per esempio il famoso valore medio di 15,9 ug/mc di pm10 a Pisa la fa essere prima in questa particolare classifica ma in realtà il valore reale doveva essere 32).

Del resto una certificazione reale manca perfino per le percentuali delle raccolte differenziate, che vengono calcolate dai comuni stessi. E in Toscana, oggi unica regione a validare (non certificare) questi dati attraverso Arrr (agenzia regionale recupero risorse), si sta per esempio discutendo dell’opportunità di mantenere in vita o meno questo organismo.

La contabilità ambientale è ancora lontana dunque. E le discussioni sulla sostenibilità continuano ad essere basate più sulla percezione soggettiva che non su indicatori statisticamente standardizzati. Cosa ne derivi da tutto ciò in termini di possibilità di governo del problema, non è difficile da capire.

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