[03/01/2007] Consumo

I campi ogm disertati dalle api

LIVORNO. Il dipartimento di Scienze biologiche della British Columbia in Canada ha pubblicato un interessante studio sul comportamento delle api nei campi coltivati con colza geneticamente modificata. Dalla ricercaemerge una forte riduzione del numero delle api presenti in questi campi e un altrettanto forte deficit nell´attività di impollinazione. «Si tratta di un chiaro segnale di allarme scientifico per l´agricoltura e l´ambiente - afferma Coldiretti, l´organizzazione agricola da sempre contraria agli organismi geneticamente modificati – e questa ricerca sottolinea il valore alla scelta di tolleranza zero fatta nei confronti del biotech dall´agricoltura italiana e l´importanza del ´´principio di precauzione´´ che il Governo e le Regioni italiane difendono in sede europea».

In effetti le api sono da sempre considerati un importante sensore per valutare la qualità degli agrosistemi, e la loro diffidenza nei confronti degli Ogm è secondo Coldiretti un fatto da non sottovalutare.

«La capacità delle api di distinguere le piante geneticamente modificate da quelle normali è la dimostrazione che le due colture non sono equivalenti. Dalla ricerca canadese - conclude Coldiretti - vengono confermate le preoccupazioni sugli effetti della coesistenza tra colture convenzionali e quelle biotech e dimostrato che serve più ricerca e sperimentazione per verificare gli effetti sull´agroecosistema».

Commenti amaramente ironici anche da parte di Greenpeace: «E´ di tutta evidenza che alle api le coltivazioni Ogm non piacciono e dobbiamo difendere, come per i consumatori, anche il loro diritto di scelta» commenta Federica Ferrario.

Un recente rapporto dell´organizzazione ambientalista, sulla base di analisi di laboratorio e campionature in quaranta campi di mais spagnoli, convenzionali e biologici, dimostrerebbe l´impossibilità della cosiddetta coesistenza. In almeno un quarto dei casi si è registrata la contaminazione non voluta con Ogm. In alcuni casi, la contaminazione è arrivata addirittura a percentuali del 12.6 per cento. In molti casi gli agricoltori hanno subito perdite economiche, non riuscendo più a vendere il mais contaminato al prezzo concordato per le varietà non transgeniche e biologiche. In ben tre casi analizzati sono state contaminate varietà locali di mais, frutto di anni di selezione che ora non potranno più essere impiegate.

Torna all'archivio