[11/01/2007] Energia

L’Europa e il nucleare, tra Ponzio Pilato e la sicurezza

LIVORNO. Sulle proposte della Commissione europea sul futuro del nucleare i pareri sono discordi: presa di distanza, come pensa il Wwf, o rilancio? Oppure una decisione pilatesca che lascia tutto com’è? La Commissione, in occasione della presentazione delle sue misure energetiche, ha presentato una comunicazione che esamina gli investimenti nel nucleare nel corso degll’ultimo decennio e che descrive gli aspetti economici della produzione d’energia nucleare, il suo impatto sul mix energetico ed il suo livello di accettazione tra l’opinione pubblica europea.

La situazione dell’Unione Europea è molto variegata: Francia e Finlandia hanno recentemente deciso di sviluppare il nucleare, altri Paesi come Olanda, Polonia, Svezia, Repubblica Ceca, Lituania, Estonia, Lettonia, Slovacchia, Gran Bretagna e i due di recente ingresso, Bulgaria e Romania, hanno rilanciato il dibattito interno sulla politica nucleare, altri ancora come Italia, Germania, Danimarca, Spagna, Portogallo, Grecia ed i paesi piu piccoli dell’Unione o non hanno centrali nucleari oppure hanno deciso di abbandonare gradualmente l’uso di questo tipo di energia.

Oggi nell’Ue a 27 ci sono 152 reattori che producono il 30% dell’energia elettrica necessaria, « se proseguirà la politica dell’abbandono progressivo previsto della produzione annuale in certi Stati membri - dice la Commissione Ue –, questo sarà sensibilmente ridotto. Per rispondere alla domanda prevedibile di energia e limitare la dipendenza dell’Europa di fronte alle importazioni, si potranno prendere decisioni concernenti nuovi investimenti o prolungare la durata di vita dei reattori».

Ma la Commissione lascia la possibilità di «accrescere la produzione di energia nucleare al fine di ridurre le emissioni di CO2 e di giocare un ruolo eminente nella lotta al cambiamento climatico mondiale». Visto che il nucleare non rilascia praticamente emissioni di gas serra ed è compreso nello suo scenario di riduzione di CO2, per la Commissione «questo elemento potrà avere ugualmente la sua importanza durante la discussione a proposito dei futuri sistemi di scambio dei diritti d’emissione».

Resta il mistero del perché, se il nucleare appare così necessario, si vorrebbe proibire la costruzione di centrali in alcuni stati, visto che le ricadute “militari” della produzione riguardano ormai praticamente tutti coloro che, per produzione diretta o per vendita di materiale nucleare, hanno centrali in attività.
La Commissione Ue non si nasconde alcune difficoltà e analizza i vantaggi: «ci sono gli aspetti economici soggiacenti che costituiscono il fattore più determinante: una centrale nucleare implica un investimento iniziale dell’ordine di 2 - 3 milliardi di euoro. In rapporto ai combustibili fossili, la produzione di energia nucleare suppone dei costi di costruzione più elevati ma, una volta effettuato l’investimento iniziale, i costi di funzionamento sono nettamente inferiori. Inoltre, il nucleare è molto poco sottoposto alla variazione del prezzo delle materie prime perché si poroduce una quantità limitata di uranio, proveniente generalmente da regioni stabili del mondo ed un reattore funziona per dei decenni. In conseguenza, nella maggioranza dei paesi industriali, costruire nuove centrali nucleari offre un modo economico di produrre l’energia elettrica destinata ad assicurare il carico di base».

L´industria nucleare, spesso pubblica o assistita, visto che investimenti privati così rilevanti stentano in questo campo, ha considerevolmente investitio dopo il 1997, probabilmente in seguito al calo di attenzione per i rischi di questa tecnologia dopo la catastrofe di Chernobyl. Per l’unione Europea è importante conservare una tecnologia avanzata ma anche impegnarsi per la non-proliferazione nucleare, la gestione delle scorie ed il declassamento.

«Dopo la conclusione del trattato Euratom - sottolinea - la sicurezza nucleare e la radioprotezione sono state una delle preoccupazioni maggiori della Comunità e assumono una importanza accresciuta dagli ultimi fatti accaduti».

Per questo si pensa per l’Ue alla messa a punto di un quadro il più avanzato possibile «per l’energia nucleare negli Stati membri, conformemente alle norme più restrittive in materia di salute pubblica, di sicurezza e di non-proliferazione, come esige il trattato. Questo dovrà comprendere la gestione delle scorie ed il declassamento».

Quindi, con una posizione un po’ pilatesca la Commissione Europea lascia a ciascun Stato membro la decisione di ricorrere o meno al nucleare, visto come un’energia importante per raggiungere un mix energetico e diversificare le fonti in un continente che rischia di rimanere in balia dei capricci dei fornitori, ma ritiene anche essenziale continuare a trattare le questioni irrisolte della sicurezza e della salute pubblica nelle aree dove esistono o si realizzano reattori nucleari. Per questo la Commissione ha proposto di creare « un gruppo ad alto livello, che riunisca le autorità nazionali di regolamentazione del nucleare, per elaborare un approccio comune e delle regole europee nel settore della sicurezza pubblica e della sicurezza nucleare». Una proposta che, da sola, dimostra quanta strada c’è ancora da fare in Europa per dare all’energia nucleare standard di sicurezza e livelli di gestione comuni.

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