[12/01/2007] Consumo

Riscaldamento climatico: costi e benefici di azione ed inazione

LIVORNO. In questi giorni è stato dato grande rilievo alle proposte dalla Commissione Europea per contrastare il riscaldamento globale, spesso mettendo in rilievo le previsioni più clamorose, ma cosa ha veramente detto la Commissione? E quali sono i costi ed i benefici dei "rimedi" che propone?

Già la comunicazione "limitare il riscaldamento del pianeta a 2 gradi celsius" partiva da una constatazione importante: «fatti scientifici irrefutabili dimostrano la necessità d´intervenire urgentemente per lottare contro il cambiamento climatico. Studi recenti come il rapporto Stern – dice la Commissione - confermano I costi enormi dell´inazione. Questi costi sono economici, ma anche sociali ed ambientali, e sono soprattutto i poveri che li sopporteranno, nei paesi sviluppati come nei paesi in via di sviluppo. L´assenza di reazioni avrà serie conseguenze per la sicurezza energetica, tanto a livello locale che sul piano mondiale. La maggior parte delle soluzioni sono già conosciute, ma occorre che i governi adottino misure per metterle in pratica. E´ possibile da un punto di vista economico ed inoltre la lotta al cambiamento climatico, per altri versi, presenta anche dei vantaggi considerevoli».

LUe vuole limitare il rialzo delle temperature medie planetarie a 2 gradi rispetto ai livelli dell´era preindustriale, per limitare gli effetti del cambiamento climatico e «ridurre le probabilità di perturbazione maggiori e irreversibili dell´ecosistema planetario».

Per far questo bisogna tenere le concentrazioni di gas serra (Ges) ben al di sotto di 550 ppmv equivalente di CO2 e stabilizzare le emissioni intorno a 450 ppmv. Per la Commissione le possibilità di arrivarci sono del 50%, ma bisogna che i Ges raggiungano il livello massimo prima del 2025 per diminuire entro il 2050 intorno al 50 % rispetto a quelle del 1990. E´ qui che l´Ue inserisce la richiesta di ridurre le emissioni dei paesi sviluppati dal 15 al 30 % entro il 2020 e la CO2 europea del 30%, con un obiettivo del 60 à 80 % entro il 2050. Il problema è: come si fa e quanto regge tutto questo dal punto di vista economico e della competitività?

La sola riduzione di emissioni nei paesi sviluppati non basterebbe, visto che entro il 2020 quelle dei paesi in via di sviluppo saranno di più, quindi dice la Commissione: «per lottare efficacemente contro i cambiamenti climatici occorre limitare l´aumento di emissioni Ges dei paesi in via di sviluppo ed invertire l´evoluzione delle emissioni dovute al disboscamento. Inoltre, una politica forestale sostenibile ed efficace migliora il contributo delle foreste alla riduzione globale delle concentrazioni di Ges»

Secondo la comunicazione Ue "vincere i cambiamenti climatici planetari" «i benefici della lotta contro il cambiamento climatico superano i costi» e ricerche recenti confermano incidenze molto diversificate del cambiamento climatico su agricoltura, pesca, desertificazione biodiversità, risorse idriche, mortalità dovuta a caldo e freddo, zone costiere e i danni provocati da inondazioni: «certe regioni dell´Ue – si legge nel documento – ne soffriranno in modo sproporzionato. Nell´Europa del sud, per esempio, il cambiamento climatico è suscettibile di diminuire la produttività delle colture, di aumentare la mortalità dovuta al caldo e di avere un impatto negativo sulle condizioni del turismo estivo».

Non è un caso se il rapporto Stern definisce il cambiamento climatico come il risultato della più grande disfunzione di mercato nel mondo mai conosciuta e se la CommissioneUe sottolinea che «il fatto che i costi del cambiamento climatico non si ripercuotano sui prezzi di mercato che guidano il nostro comportamento economico ha un costo sociale ed economico pesantissimo, che sarà compreso tra il 5 ed il 20 % del Pil mondiale secondo il rapporto Stern, e peserà in maniera sproporzionata sui paesi poveri che hanno una minore capacità di adattamento, esacerbando così gli impatti sociali del cambiamento climatico».

Il Pil mondiale dovrebbe raddoppiare nel 2030 rispetto al 2005 e questo provocherà più emissioni nei paesi in via di sviluppo, anche perché lì la crescita del Pil sarà superiore a quella del mondo sviluppato. Dunque niente da fare se non avviarsi verso il baratro al guinzaglio della crescita del Pil? La Commissione Europea non crede che questo sia inevitabile: «L´analisi d´impatto mostra che è perfettamente possibile di condurre un´azione internazionale contro il cambiamento climatico mantenendo la crescita mondiale L´investimento in una economia a bassa intensità di carbonio costerà intorno allo 0,5% del Pil mondiale totale nel periodo 2013-2030». Così la crescita del Pil planetario diminuirebbe solo dello 0,19% all´anno fino al 2030, una frazione del tasso annuale di crescita del 2,8% di Pil previsto senza queste misure. Un prezzo basso da pagare se si arriverà a ridurre sensibilmente i rischi di danni ambientali irreversibili prodotti dai cambiamenti del clima. Senza contare i benefici che ne trarrà l´intero pianeta per salute pubblica, approvvigionamento e diminuzione o contenimento delle catastrofi "naturali".

Torna all'archivio