[24/01/2007] Aria

Pm10, ecco come vanno letti i dati delle centraline

LIVORNO. Terza tappa del nostro viaggio di approfondimento sull’inquinamento dell’aria da Pm10 e sul loro monitoraggio. Oggi affrontiamo, con il direttore tecnico dell’Arpat Roberto Gori, il tema “Come vanno letti i dati”.

«La normativa vigente in materia di qualità dell’aria, costituita essenzialmente dal DM 60/02, riguardo all’inquinante PM10 (polveri di dimensione inferiore a 10 micron, erroneamente c.d. polveri fini o “sottili”) stabilisce valori standard di riferimento in forma di due diversi indicatori: la media annuale e il numero di giorni nell’anno solare in cui viene rilevata una concentrazione media superiore al valore 50 50 mg/m3.

Per il primo indicatore, la media annuale, è stato fissato il valore 40 mg/m3 mentre per il secondo indicatore, numero di giorni con concentrazione >50 mg/m3, è stato fissato il valore 35 giorni (pari a circa il 10 % dei giorni dell’anno).

Ai fini della valutazione dello stato della qualità dell’aria, la norma non prevede l’individuazione di una unica stazione da considerarsi “di riferimento” né fissa modalità di aggregazione o combinazione dei valori registrati nelle varie centraline di rilevamento ubicate in un stesso ambito territoriale (comune, agglomerato urbano, zona). Di conseguenza, nella presentazione dei dati e degli indicatori rilevati nel corso di un anno, in prima istanza si calcolano e si commentano i valori riscontrati in ciascuna centralina. In sede di valutazione più generale, considerata la rappresentatività di ciascuna delle centraline, si operano aggregazioni per tipologia di stazione, distinguendo almeno fra quelle “traffico” e quelle “fondo” in modo da chiarire meglio lo stato della qualità dell’aria, anche ai fini della valutazione di esposizione dei cittadini, e orientare verso le eventuali azioni di risanamento. I valori rilevati nelle stazioni “fondo” rappresentano meglio l’esposizione della popolazione generale, mentre quelli rilevati nelle stazioni “traffico” rappresentano l’esposizione di fasce molto ristrette di popolazione o l’esposizione per solo quota parte del tempo.

Sul piano strettamente tecnico, l’indicatore fissato dalla norma in termini di numero di giorni con concentrazione >50 mg/m3 risulta più restrittivo di quello fissato come media annuale. Come illustrato in figura 1, vi è una buona correlazione lineare fra i due indici ma, in relazione alla effettiva e nota distribuzione statistica dei valori di qualità dell’aria, alla media annuale di 40 mg/m3 corrisponde un numero di giorni di superamento pari a circa 80. Viceversa, per rispettare la soglia dei 35 giorni occorre riscontrare una media annuale non superiore a circa 30 mg/m3.

Per questo motivo, nella maggior parte dei siti di rilevamento, viene rispettato lo standard del PM10 per quanto riguarda la media annuale mentre lo standard espresso come numero di giorni di superamento è rispettato solo in poche situazioni.

Riguardo alla valenza del valore limite 50 mg/m3 o della quantità 35 giorni, precisiamo che questi valori non costituiscono “soglie” di informazione o attenzione né, tantomeno, di allarme. La normativa vigente, solo per gli inquinanti anidride solforosa (SO2), biossido di azoto (NO2) e ozono (O3) stabilisce, in aggiunta a indicatori su base annuale come la media e altro tipo, livelli orari o giornalieri il cui superamento comporta possibili danni immediati alla salute. Al verificarsi di tali circostanze, si dispone che l’autorità competente assuma provvedimenti di significativa e tempestiva efficacia, in modo da ridurre i livelli di inquinamento o suggerisca le modalità di limitazione dell’esposizione.

Nel caso del PM10, l’eventuale superamento di 35 giorni con concentrazione >50 mg/m3 non richiede interventi contingenti “emergenziali”, peraltro di dubbia efficacia in considerazione delle caratteristiche specifiche di tale inquinante riguardo a molteplicità di sorgenti e persistenza, bensì rende evidente il mancato rispetto dello standard di qualità e ciò comporta la necessità di predisporre un idoneo piano di risanamento. Tale piano dovrebbe essere costituito da un insieme di provvedimenti che, necessariamente nel medio periodo, consentano il rientro nei valori limite fissati dalla norma».

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