[30/01/2007] Energia

Nucleare, l´unica ´sicurezza intrinseca´ è l´assenza di C02

LIVORNO. Il clima è ormai sempre più imprevedibile, e questo è già sotto gli occhi di tutti oltre che su tutte le pagine dei quotidiani. Il problema del surriscaldamento del pianeta è ammesso ormai anche da chi ha cercato di negarlo a tutti i livelli, tanto che anche il presidente Bush ha dovuto fare aperture in tal senso.

Allarmi e appelli per frenare le conseguenze, sono ormai argomento non solo di ambientalisti e scienziati, ma anche degli economisti e di una parte del mercato, da cui giungono gli allerta e il richiamo alla necessità di limitare da subito le emissioni di gas climalteranti, per evitare effetti catastrofici nell’economia planetaria. E mentre gli scienziati sono alle prese con l’individuazione degli scenari più verosimili, che caratterizzeranno il nostro pianeta nell’arco dei prossimi decenni, ha ripreso con forza l’idea che l’unica strada percorribile per limitare la produzione energetica da fonti fossili e quindi per ridurre drasticamente le emissioni che questa attività produce, è il ricorso all’energia nucleare.

L’unica in grado - secondo la parte che la sostiene pervicacemente - di garantire all’umanità di poter mantenere gli attuali modelli produttivi e gli stili di vita enormemente energivori che caratterizzano la parte ricca del pianeta e dare la possibilità ai paesi ad economie emergenti di raggiungere analoghi standard, senza emissioni di anidride carbonica. Questa la strada che pare abbiano scelto negli Usa, dove è già partita la gara per costruire almeno nuovi 30 reattori, soprattutto negli stati del sud, finanziata dal presidente Bush e dal congresso che elargirà uno stanziamento di otto miliardi di dollari per la loro costruzione. A conferma di chi sostiene che non vi è sostenibilità economica in questa impresa, se non sostenuta da soldi pubblici.

L’unico aspetto non controvertibile, quello della mancata emissione di CO2, rispetto a tutti gli altri che portano, invece, i contrari a questo tipo di risorsa energetica, a sostenere che non può essere questa la strada del futuro. Non solo per il problema della sicurezza intrinseca, che ancora è di fatto a livello di sperimentazione, dato che la tecnologia dei reattori sicuri ancora non esiste su scala industriale.

Ma anche per il problema delle scorie, della limitatezza della fonte combustibile, per la non economicità, per i tempi di realizzazione,. I reattori di quarta generazione, quelli considerati più sicuri, più efficienti e più economici, saranno infatti disponibili a livello industriale - per stessa ammissione di chi ci lavora- non prima del 2030.

E ci vorranno ancora 30 o 40 anni per avviare (forse) il primo reattore alimentato con la tecnologia della fusione nucleare. Un tempo forse già troppo in là rispetto agli scenari che dal mondo scientifico vengono preannunciati. E´ tra l’altro al lavoro in questi giorni, nella sede dell’Unesco di Parigi, il panel dei 2500 scienziati che fanno parte dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) fondato nel 1998 dall‘Onu, che dovrà esprimersi sui livelli di innalzamento della temperatura. Che secondo le anticipazioni sul testo finale è stimata tra valori prudenziali compresi tra +2 e +4,5 gradi centigradi e valori più critici di +6,3 gradi centigradi.

Mentre sull’innalzamento dei mari, rispetto a quanto previsto nel passato rapporto 2001, la stima cui si fa riferimento indica un range di 28-43 centimetri. Ma quello che già da più parti viene imputato all’IPPC è di non aver tenuto in conto di quanto potrà essere il contributo dei ghiacciai in Antartide e in Groenlandia. Anche secondo Vincenzo Ferrara, ex componenete dell’IPCC e adesso coordinatore della conferenza nazionale sul clima voluta dal ministro Pecoraro Scanio che si terrà a settembre, questo aspetto non è stato considerato, per la scarsa conoscenza scientifica sul comportamento dei ghiacciai. Già la Nasa ha fatto presente che la Groenlandia sta perdendo 220 chilometri cubi di ghiaccio all’anno, il doppio rispetto a vent’anni fa.

«Se si sciogliessero Groenlandia e Antartide, l’innalzamento dei mari non si misurerebbe in centimetri ma in metri» ha sostenuto Ferrara. Il fatto su cui sembra esserci una unanimità di vedute è che, comunque, gli interventi per frenare il fenomeno del surriscaldamento del pianeta sono quantomai urgenti. Altrimenti c’è il rischio che le previsioni vengano anticipate dai fatti concreti.

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