[30/01/2007] Rifiuti

La Cina tra il medioevo dei rifiuti elettronici e le nanotecnologie

LIVORNO. Ogni anno i cinesi "smaltiscono" in discarica 150 milioni di televisori, lavatrici e frigoriferi, ma in Cina arriva anche il 70% degli elettrodomestici buttati via nei paesi sviluppati. Gran parte di questi, che da noi sono considerati rifiuti elettronici, vengono comprati e fatti riparare dai grossisti che poi li rivendono nelle campagne, oppure sono smontati per estrarre l´oro e il rame contenuti nei circuiti interni. Il ministero cinese della scienza e della tecnologia cinese si è finalmente allarmato per quello che sta succedendo nel vero e proprio centro mondiale dell´industria dei rifiuti elettronici, a Guiyu (Nella foto), nella provincia meridionale del Guangdong, dove il recupero di materie prime avviene con procedimenti pericolosi per la salute umana e con effetti altamente inquinanti sull´ambiente. Il livello di piombo nei fiumi della zona ha ormai raggiunto livelli 200 volte superiori a quelli considerati nocivi.

Il governo di Pechino cerca di correre ai ripari con nuove leggi sul riciclo dei rifiuti che però sono bloccate ormai da due anni e la normativa attuale non prevede nessuna sanzione per le aziende che non smaltiscono i rifiuti elettronici. Ma mentre la spazzatura elettronica aumentava e inquinava la Cina investiva 80 miliardi di yuan per creare 253 zone per sviluppare tecnologie hi-tech che rappresentano il 9% del valore aggiunto industriale cinese. Questo strano Paese oscilla tra il sistema da prima rivoluzione industriale delle officine avvelenate di Guiyu, l´avventura spaziale, le nanotecnologie e l´aumento delle spese per la ricerca e lo sviluppo che nel 2006 sono aumentate del 22% ed hanno raggiunto i 300 miliardi di yuan (38,58 miliardi di dollari).

Secondo l´agenzia missionaria AsiaNews, ormai la spesa per ricerca e sviluppo rappresenta circa l´1,4% del Prodotto interno lordo cinese e il ministro per scienze e la tecnologia prevede per il 2007 un forte impegno nello studio dell´ambiente marino e delle fonti di energia rinnovabili e per completare i progetti di esplorazione lunare, lo studio di una grande portaerei, la cura per l´Aids, le trasmissioni wireless di nuova generazione. Gran parte dei fondi andranno alle università per ricerche interdisciplinari sulle nanotecnologie e le cellule staminali e per sperimentare forme di moderna agricoltura in villaggi e piccole città.

I numeri del potenziale della ricerca cinese sono impressionanti: «35 milioni di persone che si occupano di scienza e tecnologia – scrive AsiaNews - e 1,36 milioni di persone impegnate in programmi di ricerca, seconda solo agli Stati Uniti. Nel 2005 l´80% dei ricercatori aveva meno di 45 anni». Un protagonismo ed una qualità sempre più evidenti: «i resoconti e gli articoli cinesi accettati dallo Science Citation Index (che riporta le principali pubblicazioni scientifiche internazionali) è pari a quello di Gran Bretagna, Germania e Giappone, mentre in campi come la nanotecnologia le pubblicazioni cinesi sono tra le più apprezzate nel mondo».

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