[31/01/2007] Comunicati

Un nuovo popolo: i rifugiati climatici. Gli scienziati: «Li ospiti chi inquina di più»

LIVORNO. L´allarme è stato rilanciato ieri a Parigi dal ministro dell´ambiente indonesiano Rachmat Witoelar: «Oltre duemila isole dell´arcipelago indonesiano rischiano di scomparire sotto le acque entro il 2030, a causa dello scioglimento dei ghiacci provocato dal riscaldamento climatico». Rachmat ha citato gli studi del gruppo di esperti dell´Ipcc dell´Onu, riuniti questa settimana a Parigi: «Il livello del mare si alzerà fra gli otto e i 29 centimetri, sommergendo circa 2.000 piccole isole, per lo più disabitate: Siamo ancora in una buona posizione - ha commentato Witoelar - Paesi come le Fiji e le Bahamas potrebbero scomparire completamente».

Il riscaldamento del clima rischia di creare alcuni milioni di "rifugiati climatici": l´Asia del Sud-Est e i piccoli Stati insulari sono molto vulnerabili all´innalzamento del livello del mare ed all´aumento degli uragani. Lo spostamento di milioni di persone porrà ai paesi occidentali il problema di quali misure dovranno prendere per accoglierli.

In un documento destinato ai decisori politici, 200 scienziati rispondono anche agli scettici: la temperatura media della Terra passerà da 15 a 18 gradi, e l´uomo è «molto probabilmente» all´origine di questo innalzamento con le sue emissioni di gas serra. Una convinzione che ormai riguarda, a seconda dei paesi, tra il 90 ed il 99 % degli scienziati che ritengono probabile un tasso di esattezza delle previsioni tra il 66 % à 90 %. Il quarto rapporto dell´Ipcc predice temperature della Terra più alte da 2 a 4,5 gradi entro il 2100, più probabilmente di 3 gradi. La stima precedente presentava una forchetta da 1,4 a 5,8 gradi.

Anche se le previsioni legate alla temperatura ed all´innalzamento del mare sono meno estreme di certi scenari precedenti, il problema non è meno grave perché colpirà soprattutto i paesi poveri come il Bangladesh, numerosi atolli e gli estuari dei grandi fiumi le che potranno pagare molto caro l´aumento delle emissioni di gas serra. L´Africa potrebbe essere toccata duramente, soprattutto con siccità e desertificazione. E il dibattito tra esperti sul fenomeno dei rifugiati climatici è in corso: alcuni affermano che i milioni di persone che sono state costrette a fuggire dal Darfour sono i primi rifugiati climatici, perché il conflitto nell´ovest del Sudan sarebbe provocato soprattutto dalla siccità e dalla mancanza d´acqua.

L´Earth Policy Institute americano pensa invece che i primi rifugiati climatici siano le vittime dell´uragano Katrina, a New-Orléans nel 2005, perché la forza eccezionale della tempesta sarebbe stata direttamente causata dal riscaldamento dell´oceano.
Altri ancora sostengono che i primi rifugiati sono il centinaio di residenti di Lateu, un piccolo villaggio nell´arcipelago di Vanuatu, uno Stato insulare dell´Oceania, che nell´agosto 2005 hanno dovuto abbandonare la costa dell´isola di Tégua sommersa dall´oceano.

Per una ragione o per l´altra, il ripetersi sempre più rapido di episodi come questi pone il problema del ruolo dei paesi sviluppati, dei grandi produttori di gas serra, ed arrivano anche proposte clamorose. Su "Nature" Sujatha Byravan, del Consiglio per una genetica responsabile di Cambridg, e Chella Rajan, del Tellus Institute, hanno proposto che i paesi del nord del Mondo accolgano i rifugiati in proporzione al loro livello di inquinamento. Con un terzo delle emissioni mondiali gli Usa accoglierebbero così il un terzo dei rifugiati ambientali. Quanti ne dovrebbe ospitare l´Italia?

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