[01/02/2007] Parchi

Onu e Cites: «Il divieto Ue su commercio uccelli selvatici é danno per comunità più povere e favorisce il mercato nero»

LIVORNO. Lipu, Lav ed altre associazioni ambientaliste italiane ed europee hanno salutato con entusiasmo la decisione dell´Unione Europea di porre un divieto totale all´importazione di uccelli selvatici, adottato soprattutto per impedire la possibile diffusione dell´influenza aviaria agli esseri umani, ma che secondo gli ambientalisti ridurrebbe anche il rischio di perdita di biodiversità dell´avifauna nei paesi in via di sviluppo.

Nessun clamore ha invece avuto la risposta dell´Onu e della Convention on international trade in endangered species of wild fauna and flora (Cites) al provvedimento europeo, che sottolinea il rischio di alimentare ulteriormente il mercato nero degli uccelli esotici. Inoltre, secondo la Cites il divieto «non include il commercio globale di pollame domestico di allevamento, tensione - un serbatoio importante per il virus di influenza H5N1 - che coinvolge circa 750 milioni di uccelli all´anno». Il segretariato generale della Convenzione, Willem Wijnstekers, ha espresso il suo disappunto per la decisione Ue: «Capiamo la necessità di combattere la minaccia dell´aviaria, ma la natura definitiva ed inflessibile della decisione sembra sproporzionata e rischia di impedire gli sforzi di conservazione in paesi in via di sviluppo, privando loro e le povere comunità locali dei benefici delle fauna selvatica per le loro vite. È deludente che in questo caso sembra non sia stato tenuto in nessun conto l´impatto ambientale di questa misura. Il rischio è quello di compromettere i tentativi di rendere sostenibile l´utilizzo degli uccelli selvatici nei paesi in via di sviluppo. Invece, l´attenzione dovrebbe essere spostata su commercio rigorosamente regolato».

Secondo i dati Cites il commercio globale di uccelli selvatici nei 169 Stati membri della convenzione era stato di 7,5 milione uccelli nel 1975, quando il trattato è entrato in vigore in vigore, oggi è di circa 1,5 milioni, costituito principalmente dai fringillidi dell´Africa occidentale, che sono abbondanti nei loro paesi d´origine.

Per la Cites la misura dell´Ue rischia di incoraggiare il mercato sommerso, rimuovendo facilitare rimuovendo i motivi economici affinchè le comunità impoverite proteggano gli habitat degli uccelli.

Nel 2005, la Fao, l´organizzazione Onu per l´alimentazione e l´agricoltura, ha messo in guardia contro la cattura di uccelli selvatici nelle zone colpite dall´influenza aviaria perché questo potrebbe distrarre l´attenzione dalla campagna per contenere la malattia tra il pollame e dalla battaglia contro il virus che potrebbe generare una pandemia umana potenzialmente mortale.

Il primo caso umano di H5N1, collegato all´influenza aviaria diffusa nel pollame in Vietnam ed in Tailandia, è stato segnalato nel gennaio 2004, funzionari Onu hanno avvertito che il virus potrebbe evolversi in una pandemia umana se mutasse in una forma in grado di trasmettersi facilmente fra la popolazione.

Si valuta che la cosiddetta influenza spagnola abbia ucciso tra i 20 e i 40 milioni di persone nel periodo 1918-1920, mentre per ora ci sono stati 265 casi umani di H5N1 segnalati, 159 dei quali mortali. Più di 200 milioni di uccelli sono morti nel mondo per aver contratto il virus o per soppressione preventiva da parte delle strutture sanitarie dei vari paesi.

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