[02/02/2007] Parchi

Aree marine protette: Ustica e le altre

PISA. A Ustica – scrive il Giornale di Sicilia - si è di nuovo ai ferri corti tra il comune e il ministero dell’ambiente per la gestione dell’area protetta marina. Va detto subito che la situazione precaria della riserva marina di Ustica è una delle tante eredità del passato governo che era riuscito per ragioni poco nobili a mettere in crisi anche l’unica area marina funzionante insieme a quella più modesta di Miramare.

Ma al di là dell’oggetto del contendere – il regolamento - vale la pena si soffermarsi su quanto è stato annunciato dal ministero e cioè che sono allo studio nuove leggi e nuovi sistemi di gestione delle aree marine protette. Altri lo avevano sostenuto e richiesto anche nel recente passato circondando questa ipotesi con argomentazioni spesso confuse tutte o quasi però di fatto e talvolta esplicitamente volte a giustificare lo stato pietoso in cui le aree protette marine si trovano a 16 anni dalla entrata in vigore della legge quadro 394. Insomma le cose non vanno per il verso giusto perché la legge non è chiara e non permette di fare in mare quello che possiamo fare a terra.

E proprio in nome di questa presunta scarsa chiarezza si erano giustificate strumentalmente operazioni rivelatesi poi in contrasto con la legge vigente. Tra queste la più accreditata era quella che la gestione di un’area marina può essere affidata come dice la legge ad un parco esistente contiguo ma solo se esso è nazionale. Nel settembre del 2005 la Corte dei Conti prendendo spunto proprio dalla vicenda di Ustica disse chiaro e tondo che la legge prevede l’affidamento a qualsiasi parco nazionale o regionale che sia, confermando così che avere negato a suo tempo al parco di Portofino perché regionale le gestione della istituenda area marina fu un errore assolutamente ingiustificato proprio ai sensi di legge.

L’altra vistosa contraddizione sulla quale di norma si sorvola - non so se per pudore - è la questione delle commissioni di riserva. Come forse non tutti sanno quando anche la gestione dell’area marina è affidata - è il caso del parco nazionale delle 5 terre al parco – si istituisce anche la commissione di riserva che ‘affianca’ l’ente. Ora la commissione di riserva era prevista dalle legge sul mare dell’82 ed composta come quasi nessuno sa o ricorda nella maniera più strana comunque conforme all’epoca in cui fu prevista – 9 anni prima della legge quadro - e cioè da rappresentanti di qualche comune, camera di commercio, provveditorato agli studi e così via ma senza, ad esempio, dei pescatori.

La commissione - non a caso affidata alla Capitaneria di porto fino al 98 quando fu trasferita ad un rappresentante del ministero - ‘affiancava’ l’ente di gestione che poteva essere anche privato comunque non istituzionale. Tutto questo è venuto meno con la legge quadro del 91 che affida comunque la gestione dei parchi sia nazionali che regionali alle istituzioni che debbono provvedervi in ‘leale collaborazione’.

Continuare quindi ad affiancare agli attuali enti di gestione dei parchi una commissione di riserva è del tutto ingiustificato e concorre solo a rendere barocca e più costosa una gestione già complessa di suo. In conclusione se si vuole mettere mano alla legge per chiarire meglio questi profili e soprattutto perché sia ancor più chiaro che la normativa dell’82 è del tutto superata quando non in palese contrasto con la legge quadro del 91che non fa eccezioni sia sulla integrazione terra-mare sia negli strumenti di gestione che debbono coinvolgere l’intero sistema istituzionale senza se e senza ma al contrario di quanto avviene invece oggi con assetti ritagliati arbitrariamente, lo so faccia pure.

Ma guai a considerare impraticabile oggi una gestione che finalmente esca dal ginepraio burocratico di un ministero che ha la pretesa di fare ciò che più gli aggrada. Che c’entra la legge- tanto per fare un esempio a portata di mano- con il fatto che il personale delle aree marine lo si fa pagare ai comuni notoriamente piccoli e piccolissimi cosa che non avviene per nessuna altra area protetta nazionale.
Queste considerazioni sono tanto più opportune nel momento in cui anche per la toscana si apre una fase nuova e assai delicata proprio per quanto riguarda le aree marine.

Sul tappeto da troppo tempo c’è - come è noto - la questione della Meloria dove si resta in attesa di una decisione ministeriale e dove si profila comunque – stando al testo del decreto predisposto dal ministero - una gestione non priva di quel sovraccarico barocco di cui abbiamo parlato e che sarebbe bene togliere. Ma soprattutto questo è un problema che si aprirà presto al parco nazionale dell’Arcipelago dove - come è stato detto nel recente incontro del 20 gennaio con Tozzi, Martini e Pecoraro Scanio - si pensa giustamente di istituire le aree marine protette.

Sarebbe meglio dire che si estende l’attuale area protetta del parco a mare e che per far questo non serve che si modifichi alcunchè del ruolo gestionale del parco se non il fatto del tutto ovvio e naturale che accresce la sua responsabilità anche sotto il profilo tecnico –scientifico. Non si tirino in ballo per piacere norme e pretesti vari e fasulli per dire che servono ‘altri’ organismi e via gonfiando. Proprio di questi tempi evitiamo di ‘farci riconoscere’ mettendo nel conto spese organismi del tutto inutili che come l’esperienza dovrebbe pure avere insegnato servono solo a rendere tutto più complicato.
Si studino pure nuove norme ma non per menare ancora il can per l’aia.

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