[09/02/2007] Comunicati

Fao: «Gatti a rischio aviaria»

ROMA. I gatti possono contrarre il virus mortale dell´aviaria, ma non ci sono prove scientifiche che ci sia trasmissione del virus tra gatti o dal gatto all´uomo. Lo ha reso noto l´Organizzazione delle Nazioni Unite per l´alimentazione e l´agricoltura (Fao) che in un comunicato emesso a Roma chiarisce che: «Il principio di precauzione obbliga a tenere i gatti a buona distanza dagli uccelli infetti nelle zone dove è stato riscontrato il virus H5N1 nel pollame o negli uccelli selvatici. Negli allevamenti commerciali i gatti dovranno essere confinati. Queste misure si impongono fino alla fine del pericolo».
In Italia ci sono 7 milioni e mezzo di gatti domestici ed un milione e 300 mila gatti randagi, mentre ogni anno ne vengono abbandonati almeno 300 mila.

Secondo la Mammal society, un´associazione zoologica britannica, gli 8 milioni di gatti domestici ed il milione di gatti randagi inglesi uccidono ogni anno oltre 300 milioni di uccelli e mammiferi. Uno a testa ogni dieci giorni. Secondo lo studio della Mammal society le specie di uccelli più predate dai gatti sono: passeri, cinciarelle, merli, storni e i pettirossi.

La Fao sconsiglia di abbattere i gatti come misura di lotta contro il virus, visto che nulla lascia supporre la trasmissione dei virus per mezzo dei felini. Anzi, la loro eliminazione potrebbe favorire la proliferazione di roditori, come i ratti, nemici delle colture e che possono trasmettere malattie agli uomini.
Secondo rapporti non confermati, l´alta incidenza di infezione di H5N1 tra i gatti in Indonesia ha provocato un certo allarme. Prelievi sono stati fatti su gatti randagi che si nutrono nelle discariche vicino ai mercati di pollame a Java e Sumatra o nei focolai di H5N1 recentemente scoperti.

Secondo la Fao non é la prima volta che dei gatti contraggono il virus, come dimostrano episodi precedenti in Thailandia, Iraq, Russia, Unione Europea e Turchia. I gatti possono essere infettati quando si nutrono di uccelli domestici o selvatici malati, possono sviluppare la forma mortale della malattia ed escretore il virus dalle vie respiratoria e digestive.

«Questo solleva qualche preoccupazione – dice Alexandre Müller, vicedirettore generale della Fao - non solamente perché i gatti potrebbero servire da vettore intermediario nella propagazione interspecie dell´H5N1, ma anche perché la crescita di questa infezione nei gatti potrebbe favorire il suo adattamento di un ceppo infettivo che potrebbe far scattare una pandemia influenzale. «Secondo il rapporto proveniente dall´Indonesia e pubblicato in gennaio – spiega Peter Roeder, esperto Fao per la salute animale – intorno all´80% dei gatti delle zone a rischio non sono infettati, questo è piuttosto incoraggiante ed indica che è poco probabile che i gatti costituiscano una riserva di infezione, ma piuttosto un ospite finale del virus H5N1».

La Fao raccomanda un´attenta sorveglianza dei gatti: «Tutte le morti sospette dei gatti possono far pensare all´H5N1. L´infezione nei gatti può essere un segnale di allarme precoce. Le osservazioni dovranno, in conseguenza, far parte del sistema di sorveglianza nelle zone infettate».

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