[13/02/2007] Consumo

Fumare e mangiare troppo: un problema sociale, economico, di educazione

LIVORNO. Blair fa sul serio. Dopo aver annunciato che non ci sarebbe più stata assistenza sanitaria a fumatori ed obesi, adesso passa dalle parole ai fatti. In molte cliniche inglesi infatti alcune persone non potranno avere assistenza a meno che non si impegnino solennemente a intraprendere una dieta dimagrante e a buttare nel cestino il pacchetto di sigarette. Dopo aver perso i chili di troppo e il vizio di fumare, allora potranno tornare ed essere curati!
Questo anche se il paziente necessita di un bypass cardiaco. Al più potranno essere messi in fondo alla lista e aspettare il proprio turno e magari nel frattempo riflettere sul proprio stato.

Il provvedimento ribadito ieri dal ministro per la salute Patricia Hewitt giustificandolo anche sulla base di una motivazione sanitaria oltrechè etica, ma già operativo in numerose cliniche del paese, ha suscitato come era prevedibile un vespaio. Le posizioni infatti sono tra le più diverse e anche trasversali, tra chi sostiene che di fronte alle difficoltà economiche della cassa sanitaria è bene privilegiare chi ha un approccio più morigerato con il proprio stile di vita, chi rivendica il fatto che non esiste un criterio standard per calcolare il peso corporeo giusto. C’è poi una associazione di fumatori che fa notare che i soldi spesi per curare i pazienti con il vizio del fumo sono gli stessi che questi riversano nelle casse dello stato comprandosi le sigarette. Come dire già paghiamo la nostra cassa mutua, e quindi ridateci i nostri soldi sottoforma di cure!

E’ evidente che il provvedimento così come viene presentato ha un forte aspetto discriminatorio e pare abbastanza sleale attribuire la totale responsabilità, in particolare per l’obesità, ma anche per il vizio del tabacco al solo individuo e non anche in qualche modo alla collettività (basterebbe pensare per esempio alla spese in marketing e pubblicità da parte delle multinazionali del tabacco).

E lo stesso all’obesità è ormai assodato che quando non è di natura dismetabolica e/o congenita, dipende da fattori che fanno tutti quanti capo ai messaggi che da questa società arrivano. Come del resto l’altra faccia dei disturbi legati al cibo che è l’anoressia (già, perché anche agli anoressici non vietano le cure in terra inglese?) e che è spesso indotta da un modello femminile veicolato attraverso la moda e caratteristica di un disagio giovanile.

A partire dall’infanzia, l’educazione alimentare è raramente (tranne alcuni meritori casi) oggetto di materie insegnate a scuola. Le mense sono più spesso oggetto di verifiche dei Nas piuttosto che di esperti di alimentazione. Non vi è alcun controllo delle pubblicità che proprio nelle fasce di maggior ascolto dell’infanzia propinano cibo spazzatura accompagnato dall’immancabile gadget, per colpire ancora di più l’immaginazione e per cogliere meglio nel segno. Del bambino e quindi dell’adulto che riempie la dispensa.

Non esistono più spazi comuni e liberi perché i bambini possano andare a giocare, (non esistono più i cortili di una volta potremo dire!)E le uniche attività motorie, oltre agli spazi risicati dell’attività in palestra (in cui si va accompagnati in automobile), sono quelle delle dita che si muovono sulla playstation o delle mascelle che digrumano qualche dolciume o che suggono dalla cannuccia una bibita zuccherata. Perché l’acqua è ormai un optional!
Come emerge anche da una ricerca condotta qualche tempo fa da Legambiente e Movimento difesa del cittadino, sulle abitudini alimentari dei bambini.

Quindi l’educazione alimentare non si fa, le pubblicità martellano e le famiglie se non sono più che agiate, fanno la spesa seguendo non tanto le caratteristiche nutrizionali dei cibi che comprano, quanto le offerte 3x2. Non è un caso che tendenzialmente è più diffusa l’obesità nelle fasce di popolazione a minor reddito.
Questo non significa certo accollare tutta la responsabilità della propria obesità alla società. Ma è evidente che la responsabilità individuale esiste, ed in particolare per il vizio del fumo. Ed è assolutamente legittimo che per esempio riguardo al fumo, si siano presi provvedimenti per tutelare la salute dei non fumatori, vietandone fortemente l’uso nei locali pubblici.

Ma questo è assai diverso dal negare assistenza e cura a chi fuma e a chi ha problemi di peso. Verrebbe da chiedersi quanto è almeno stato fatto prima in termini di prevenzione. E poi, ma non esisteva il giuramento di Ippocrate, per il quale tutti hanno diritto ad essere curati?

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