[19/02/2007] Recensioni

La Recensione. La globalizzazione che funziona di Joseph Stiglitz

“Al Fondo monetario internazionale, l’organismo preposto al controllo del sistema finanziario globale, c’è un solo Paese con diritto di veto: gli Stati Uniti. Qui non funziona secondo “ un uomo un voto”, o “un Paese un voto”: qui votano i dollari….”. “Un altro esempio: il direttore della Banca mondiale, l’organizzazione internazionale preposta a promuovere lo sviluppo, è sempre stato nominato dal presidente degli Stati Uniti (senza nemmeno il bisogno di consultare il congresso)”.
“A questo punto è chiaro che l’apertura dei mercati……..non può da sola risolvere il problema della povertà. Anzi, potrebbe addirittura aggravarlo”.

Attacca così, Stiglitz, nel primo capitolo del libro scritto dopo “La globalizzazione e i suoi oppositori” dove attaccava duramente le istituzioni internazionali, colpevoli di aver favorito gli interessi dei Paesi ricchi a danno di quelli in via di sviluppo.

Tuttavia Stiglitz afferma che “non sta scritto da nessuna parte che la globalizazione debba essere deleteria per l’ambiente, aumentare la sperequazione sociale, indebolire la diversità culturale e promuovere gli interessi delle grandi multinazionali a scapito del benessere del cittadino comune”. E rincara: “ in mancanza di una regolamentazione e di un intervento pubblico adeguato, i mercati non sono assolutamente in grado di condurre all’efficienza economica”.

Oltre a produrre influenti contributi nel campo della microeconomia, Stiglitz ha rivestito ruoli rilevanti nella politica economica. Ha lavorato nell´amministrazione Clinton come Presidente dei consiglieri economici (1995 – 1997). Alla Banca Mondiale, è stato Senior Vice President e Chief Economist (1997 – 2000), prima di essere costretto alle dimissioni dal Segretario del Tesoro Lawrence Summers. Il contributo più famoso di Stiglitz alla teoria economica riguarda lo screening, una tecnica usata da un agente economico che voglia acquisire informazioni - altrimenti private - da un altro.

È per questo contributo alla teoria delle "asimmetrie informative" che ha condiviso il premio Nobel con George A. Akerlof e A. Michael Spence.
Dunque, un personaggio di questo tipo - che è l’autore fra l’altro di "Whither Socialism", un libro divulgativo che fornisce un´introduzione alle teorie circa il fallimento economico del socialismo nell´Europa dell´est, il ruolo dell´informazione imperfetta nei mercati e le concezioni erronee su quanto sia realmente libero il mercato nel sistema capitalista-liberista - contraddice frontalmente il sedicente riformismo nostrano che è passato dalle affermazioni per le quali “l’Argentina è crollata per poche liberalizzazioni e non per troppe” a quelle per le quali “le dinamiche economiche vanno accompagnate e non dirette”.

Di più! Stiglitz attacca frontalmente anche l’ideologia del trikkle down (gocciolio), ovverosia del totem della crescita del Pil, secondo la quale fintantoché l’economia cresce nel suo complesso, tutti ne traggono vantaggio. Non solo, fa esempi che dimostrano quanto “la crescita si sia spesso accompagnata ad un aumento della povertà e talvolta addirittura a una diminuzione del reddito dei ceti medi” e l’accompagna con riferimenti al capitale naturale che farebbero impallidire anche alcuni ambientalisti ( riformisti e antagonisti) nostrani.

“Proprio come i libri contabili di una società registrano il deprezzamento dei cespiti, allo stesso modo la contabilità dello Stato dovrebbe tenere di conto dell’esaurimento delle risorse” attraverso l’adozione di uno strumento quale il “Prodotto nazionale netto verde”. Il PNNV, è una misura “che tiene di conto non soltanto il deprezzamento del capitale, ma anche dell’esaurimento delle risorse naturali e del degrado ambientale”.

E siccome l’ambiente è il tipico caso in cui gli interessi privati e quelli della società tendono a differire profondamente con conseguenze enormi, “senza leggi da rispettare e pressioni dalla società civile, le aziende non hanno alcun incentivo a tutelare l’ambiente a sufficienza; anzi, hanno tutto l’interesse a saccheggiarlo, se questo le fa risparmiare”. In questo modo, cioè senza leggi e senza pressione della società civile, si evita di “piegare” il mercato a lavorare per l’ambiente e per i più deboli anziché per i più forti.

E fa specie sentirsi dire da un americano che allora “è solo attraverso processi politici che si possono compiere le scelte giuste…. ( e che) per questo è così importante porre rimedio al deficit di democrazia che affligge le istituzioni internazionali”.
Fa specie sentirsi dire che “ la depoliticizzazione del processo decisionale spiana la strada a decisioni che non tengono di conto degli interessi sociali generali”.

Fa specie sentirsi dire che “trovare il giusto equilibrio tra interessi contrastanti è l’essenza stessa della attività politica, ma i mercati finanziari hanno fatto di tutto per depoliticizzare queste decisioni demandandole ai tecnocrati, il cui unico mandato è quello di perseguire politiche favorevoli ai mercati finanziari”.

E fa specie, infine, sentirsi dire che anche “l’Europa ha chinato il capo di fronte a queste dottrine”.
Stiglitz, nel finale del suo libro, indica una serie di misure per
correggere le distorsioni della globalizzazione e permettergli, così, di funzionare, dato che “la maggiore integrazione nell’economia globale ha portato a un aumento della volatilità e dell’insicurezza, e a una maggiore disuguaglianza, arrivando addirittura a minacciare i valori fondamentali”. E conclude con una frase che richiama “l’ottimismo della volontà”. “Il compito è arduo, e richiederà tempo. Abbiamo già aspettato troppo: è arrivato il momento di darsi da fare”. Sarebbe il momento di darsi da fare…………….

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