[19/02/2007] Consumo

Turismo crocieristico; fino a quando le isole lo sosterranno?

LIVORNO. Nell’ultimo numero di World Conservation, la pubblicazione ufficiale dell’Unione mondiale per la conservazione della natura (Iucn) l’avvocato ambientale Lynn Holowesko, pone in evidenza come gli Stati insulari dei Carabi non traggano beneficio dalla nuova i responsabilità sociale delle imprese. In particolare le aziende elettriche per produrre energia bruciano olio combustibile a basso costo ed incidenti ed inquinamento sono frequenti, di solito senza risposte efficaci da parte delle autorità locali incapaci di stringenti controlli ambientali.

Molte delle isole caraibiche hanno fame di lavoro e sviluppo e qualsiasi investimento che viene dall’esterno è bene accolto, ma i profitti di solito non restano nelle isole ma prendono la strada dei pesi di origine degli investitori. Eppure i governi isolani danno alle società straniere molte agevolazioni: esenzioni doganali e sgravi fiscale ed a volte chiudono un occhio sugli standard di sicurezza, anche se così si compromette l’ambiente.

L’esempio più eclatante è quello dell’industria delle crociere: alcuni grandi operatori fanno affari con i governi caraibici sui diritti di attracco basati sulle concessioni che le autorità sono disposte a dare, questo da diritto a scaricare i rifiuti delle navi nei porti di piccoli Stati che quando va bene riescono ad occuparsi a malapena dell’eliminazione dei propri rifiuti solidi urbani, inoltre le navi da crociera sono note per l’uso di gettare a mare le acque di sentina mentre navigano vicino alle coste, questo danneggia l’ambiente marino e spesso sporca le spiagge su cui si basa gran parte del turismo dei Carabi.

Secondo l’Iucn «danni ambientali ancora più seri sono causati dalle società e dagli investitori che vedono semplicemente le isole come occasioni del far soldi». Raramente gli interventi degli investitori stranieri tengono conto dell’eredità culturale, architettonica o artistica delle isole o delle comunità locali che vivono dentro o vicino la zona dell´investimento, ma rispondono spesso a desideri standardizzati della loro clientela fatta di ricchi di sviluppati ricchi. E le nazioni isolane continuano ad accettare questa nuova forma di colonialismo perché crea posti di lavoro a basso reddito ma comunque preziosi.

Anche quando gli investitori stranieri sottoscrivono regole ambientali rigorose, i governi poi generalmente non dispongono della capacità e dei mezzi per controllare l’osservanza degli impegni, soprattutto se si tratta di imprese multinazionali e di grandi progetti. Per costruire porti turistici spesso si dragano e danneggiano le barriere coralline, il reef è messo in pericolo anche dallo scarico di combustibile e dallo smaltimento incontrollato di rifiuti, ma anche il proliferare di campi da golf sta diventando un grosso problema, con inquinamento delle riserve di acqua dolce e distruzione di habitat.

« Un altro problema – dice Lynn Holowesko - è la vendita diffusa delle proprietà lungo la costa» i prezzi di case e terreni sono saliti vertiginosamente e la popolazione delle isole è stata addirittura esclusa dell’accesso a spiagge che sono diventate private, inoltre così lo sviluppo economico si concentra lungo la fascia costiera, la più vulnerabile all´aumento del livello del mare ed alla distruzione da parte dei sempre più frequenti uragani.

Ma colpa naturalmente non deve essere accollata ai soli investitori o agli speculatori, la responsabilità più grande è dei politici locali che non riescono a valutare le ricadute ambientali e sociali delle loro decisioni.

La conservazione delle risorse naturali e la protezione dell´ambiente non sono state generalmente obiettivi significativi per i governanti caraibici. Ma anche nei Caraibi si sta risvegliando una opinione pubblica che preme su governi e imprese.

«in alcuni tali casi – spiega Holowesko - gli investitori hanno accettato standard ambientali e sociali più elevati di quanto è stato ufficialmente loro richiesto. Si impegnano nel sostegno alle scuole locali, nella realizzazione di campi gioco, nella ristrutturazione di centri per gli anziani e nella promozione dello sport tra i giovani. Altri patrocinano le borse di studio per allievi poveri». Insomma c’è il tentativo di far ricadere sulle comunità locali parte dei benefit dell’investimento turistico. Inoltre, molti dei ricchi stranieri che hanno costruito le loro seconde case ai Carabi sono tra i più impegnati a difendere l’ambiente ed i panorami tropicali che li hanno attratti nelle isole. E’ difficile dire se si stanno realizzando progressi a livello politico, ma le Organizzazioni non governative sono molto presenti e dispongono sempre di più di organizzazione, mezzi ed energia per fare sentite la voce delle popolazioni isolane.

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