[22/02/2007] Rifiuti

In Irlanda la tassa sui sacchetti di plastica funziona e la aumentano ancora

LIVORNO. Fino a pochi anni fa in Irlanda il brutto spettacolo dei sacchetti di plastica impigliati sugli alberi era così usuale che qualcuno aveva proposto di farne la nuova bandiera nazionale dell’Eire, ma intanto mentre in Italia si discuteva di eliminare i sacchetti di plastica almeno dalle isole minori e solo con l’ultima finanziaria si è dato il via alla loro sostituzione con shoppers in materiale biodegradabile, l’Irlanda cinque anni fa imponeva una tassa di 15 centesimi di euro sui sacchetti per lo shopping che ha fatto crollare il loro uso. Il ministro dell’ambiente Dick Roche ha detto che grazie all’imposta la gente ha cambiato abitudini, passando ai sacchetti riutilizzabili con un calo del 95 per cento dell’uso di quelli in plastica.

Il numero di sacchetti usati dai clienti è sceso rapidamente fino a 21 sacchetti pro-capite all’anno contro i 328 di prima dell’istituzione della tassa, ma nel 2006 il numero è risalito fino a 30 e il governo irlandese ha deciso una misura drastica: dal 1° luglio la tassa aumenterà fino a 22 centesimi per sacchetto.

Da quando è stata introdotta nel 2002, con la tassa sui sacchetti l´Irlanda ha incassato 75 milioni di euro, riuscendo nel contempo a ridurre drasticamente il miliardo e 200 milioni di sacchetti che venivano usati ogni anno e migliorando la situazione del paesaggio e dell’ambiente dell’isola di smeraldo. Una imposizione che ha attirato l´interesse di ambientalisti ed amministratori in tutto il mondo e qualcuno è andato anche oltre, come la Corsica dove i sacchetti di plastica sono stati vietati e nel giro di pochi anni sono praticamente diventati un ricordo del passato. Il governo irlandese va avanti tranquillo su questa strada perché anche i consumatori vivono la tassa come una cosa necessaria ed un contributo per la salvaguardia della fauna marina che è danneggiata dai sacchetti galleggianti (in particolare cetacei e tartarughe) e contro lo spreco di risorse naturali provocate da un prodotto di largo consumo che raramente veniva riciclato.

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