[23/02/2007] Urbanistica

Per gli abusi edilizi non si ammette ignoranza

SESTO FIORENTINO (Firenze). Il Consiglio di Stato ha definitivamente dipanato una lunga storia di abusi edilizi passati di mano su un terreno sottoposto a vincolo paesaggistico in località Valcenni a Sesto Fiorentino e per i quali era stata chiesta una sanatoria nonostante le precedenti ordinanze di demolizione emesse dal comune risalenti addirittura al 1985. Dopo ulteriori dinieghi da parte della soprintendenza, il Comune nel 1994 aveva disposto «l’immissione nel possesso delle opere abusive e della relativa area di sedime».

Ma i terreni erano passati di mano ed i nuovi proprietari avevano fatto ricorso al Tar impugnando l’ordinanza di immissione in possesso e contro il diniego di concessione in sanatoria e l’ordine di demolizione. Nel 1994 è stata anche presentata una nuova domanda di concessione in sanatoria che comprendeva ulteriori opere accessorie alle opere abusive, ma senza successo, visto che il sindaco ha negato l’autorizzazione paesaggistica.

Il Tar della Toscana nel 1997 ha dichiarato inammissibili tutti i ricorsi e così si è arrivati al Consiglio di Stato, che però non ha lasciato molto spazio agli ultimi proprietari: «Non giova all’acquirente – si legge nella sentenza - per i fini che interessano, lo stato di buona fede (ignoranza) in cui eventualmente versava all’atto della stipula, per avere, il venditore, falsamente dichiarato la persistente pendenza della pratica di condono. La falsa dichiarazione del venditore (ed il correlativo stato di buona fede dell’acquirente) può costituire valida causa di invalidità del contratto, ma non è idonea a rimettere in termini l’acquirente per l’impugnazione del provvedimento lesivo. L’istituito dell’errore scusabile non è praticabile, ai fini della rimessione in termine per la proposizione del ricorso dal quale è decaduto l’alienante, allorché, come nel caso in esame, si verta in ipotesi di errore che ricada (non sui termini processuali o sull’autorità alla quale richiedere la tutela giurisdizionale o, infine, sui mezzi di tutela accordati dall’ordinamento, bensì) sulla la volontà negoziale relativa al contratto di compravendita, per effetto del dolo dell’altro contraente».

Ma per Consiglio di Stato per giustificare il proprio abuso non ci si può nemmeno affidare « alla pretesa e non provata disparità di trattamento di cui farebbe fede un abusivismo diffuso, si contrappongono le numerose controversie segnalate dal Comune ed agevolmente accertabili, riguardanti provvedimenti in modo vario assunti dall’amministrazione locale proprio nel tentativo di arginare il fenomeno; ciò senza contare che, nella materia che interessa, ciascun abuso edilizio deve essere considerato in sé ed in relazione alla sua incidenza sul tessuto territoriale, cosicché il vizio non appare neppure astrattamente configurabile».

Quindi, tutti gli atti del comune di Sesto Fiorentino e del Tar sono pienamente condivisibili ed il Consiglio di Stato ha respinto l’appello e condannato i proprietari degli abusi a pagare 5 mila euro di spese al comune di Sesto Fiorentino.

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