[01/03/2007] Consumo

Risparmio, liberalizzare è meglio?

LIVORNO. Il clima è cambiato. La crisi della borsa cinese ha creato un effetto domino nei sistemi finanziari di mezzo mondo. Cosa che qualche anno fa sarebbe stata improbabile solo a pensarla. Ma il tema dei cambiamenti climatici ha posto in maniera forte l’esigenza di una governance a livello planetario per evitare che le conseguenze del surriscaldamento del pianeta possano ingenerare una crisi ambientale difficilmente sopportabile, sia per le conseguenze sociali sia per quelle economiche.

E su questo da parte di alcuni settori importanti del mercato(globale) viene ripetutamente l’appello ai governi (del pianeta) di prendere decisioni anche stringenti in tal senso. Ma nel mentre sono sempre meno rimandabili azioni di governance globale, il valore dell’azione locale, portata agli estremi termini del singolo individuo, diventa sempre più tangibile. E lo sarà sempre di più mano a mano che questa azione si tradurrà in aspetti sempre più quantificabili, visibili, reali. In un´ottica di risparmio e di efficienza.

Ma questa gestione a partita doppia, si scontra con alcuni concetti di fondo che appartengono a schemi difficilmente applicabili ormai al perseguimento di un sistema basato sulla sostenibilità.
In particolare questo è vero proprio a partire dall’energia.
In un sistema volto alla sostenibilità, l’attuale dipendenza mondiale dai combustibili fossili, che si traduce in grandi impianti centralizzati da cui si dipartono vie elettriche sempre più ridotte sino alle nostre case, dovrà mano mano capovolgersi. E lasciare il posto a reti di distribuzione sempre più autosufficienti a livello locale: dal regionale al distretto sino al condominio o addirittura alla singola casa.

E forse gli schemi prossimi salteranno addirittura qualche passaggio e si orienteranno direttamente ai singoli edifici. Che diventeranno quindi non solo autosufficienti per elettricità e calore, ma addirittura produttori di energia da immettere in rete. Una opportunità per una nuova libertà politica, economica e culturale. Tutto questo presuppone schemi di liberalizzazione che, più saranno spinti, più produrranno opportunità di raggiungere l’”economia solare”, profetizzata con dovizia di particolari per poterla realizzare da Hermann Sheer.

Ma come si coniuga questa prospettiva con l’avversione a qualsiasi tipo di liberalizzazione? Che pure rappresenta un tema forte nel dibattito che attraversa anche il mondo ambientalista, oltre a quello altermondialista?
Una cosa è infatti porre l’accento sull’importanza della gestione non in senso privatistico dei “beni comuni” quale l’acqua o la conoscenza, altra cosa parlare tout court di ripubblicizzazione dei servizi, quando all’interno di essi ci sono ad esempio l’elettricità e il gas. Ripubblicizzare l’elettricità non porta certo all’affermarsi dei sistemi di microgenerazione, che stanno proprio alla base di un approccio completamente diverso dell’approvvigionamento energetico in chiave sostenibile. E il monopolio del gas analogamente non ha significato la realizzazione di servizi più efficienti, e basati sul risparmio.
E’ evidente quindi che alcuni schemi - quale quello della centralizzazione avverso la liberalizzazione - non reggono se applicati alla sostenibilità.

E la confusione che spesso viene fatta della liberalizzazione intesa come privatizzazione non aiuta certo a sviluppare un ragionamento che sarebbe invece molto utile per capire quali sono gli schemi più adatti per realizzare una società, locale e globale, più sostenibile, e che, perché possa chiamarsi tale, lo sia dal punto di vista ambientale e sociale.

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