[05/03/2007] Recensioni

La recensione. Tutto da rifare di Pietro Luppi

L’agile volumetto “Tutto da rifare”, scritto da Pietro Luppi e pubblicato per la collana Stili di vita dall’editore Terre di Mezzo, vuole essere come dice il sottotitolo stesso un «manuale pratico di riuso , riciclo, riparazione e baratto».

E in effetti la struttura è veramente didattica con tutta una prima parte (probabilmente fin troppo) dedicata esclusivamente al riuso: ma in effetti la maggior parte degli oggetti che buttiamo è in buono stato e potrebbe essere riusata, con un notevole risparmio di materie prima ed energie.

La chiave perché il riuso diventi – come dovrebbe – la “R” prioritaria, è secondo Luppi la creazione di una filiera del riuso che passerebbe attraverso il lavoro della categoria dei rigattieri. Nel libro si tenta un confronto – perfino piuttosto azzardato – sugli impatti ambientali ed economici di un comodino di cui disfarsi, a seconda che si seguano le varie strade, fino a provocare i lettori spiegando che infrangendo la legge e lasciando il comodino accanto al cassonetto, il nomade di turno che se lo porterà via permetterà il riuso del mobiletto con zero impatti economici ed ambientali. Al di là della provocazione le prime pagine del libro sono tutte tese a dimostrare la necessità di un allungamento della vita dei prodotti, che è in effetti il modo migliore per attuare il principio del riuso. Eppure, come fa notare Luppi, «il riuso è assente da ogni piano dei rifiuti». L’autore insiste tenacemente e dopo aver quasi invitato ad abbandonare i beni ingombranti in strada, invita a frugare nei cassonetti, perché «il problema è questo – dice – quanti fra politici, dirigenti d’azienda, giornalisti… ha mai frugato in un cassonetto?».

E’ l’ennesima provocazione propedeutica a rilanciare la categoria dei rigattieri, (che parafrasando Marinetti e facendo a nostra volta una piccola provocazione, sembra che per Luppi sia la “sola igiene del mondo”) - tanto che poi arriva una seconda istigazione di reato: cosa possiamo fare per risollevare le sorti del rigattiere: «sicuramente batterci perché il ruolo dei rigattieri della nostra città venga riconosciuto» dice Luppi e fin qui tutto bene, ma poi aggiunge «e nel frattempo godere dei loro servizi acquistando quello che ci serve dai lenzuoli degli abusivi, nonostante qualche vigile possa insinuare che si tratti di “incauti acquisti”». Nulla di grave intendiamoci: c’è chi istigazioni/provocazioni del genere le ha fatte da presidente del consiglio e davanti a una platea di finanzieri!

Ma scendendo finalmente nel concreto e raccontando di fatti e persone (o meglio gruppi di persone) che si stanno dando da fare sul fronte del riuso, l’autore di “Tutto da rifare” recupera un po’ di pragmatismo descrivendo l’attività di “L’occhio del riciclane”, l’associazione romana dove lavora lo stesso Luppi e che ha effettivamente creato una filiera del riuso: partendo da piattaforme ecologiche dove vengono selezionati tutti i materiali riusabili e dotati di potenziale valore sul mercato, che vengono ridistribuiti all’ingrosso ai rigattieri (anche quelli abusivi, sottolinea con un certo orgoglio l’autore!) di Roma. Sta di fatto che rigattieri e venditori in conto terzo hanno apprezzato l’iniziativa che ora si sta cercando di esportare anche in altre città, dove comunque spesso convivono situazioni simili anche se meno organizzate e più spontanee.

A metà del libro si passa a parlare anche di altro: la materia prima-seconda è quella che si ricava dal processo di riciclo, una pratica che nonostante la creazione di consorzi obbligatori non è ancora decollata. Pietro Luppi cerca allora di analizzare quali sono i problemi centrando diversi aspetti: in primis il sistema dei consorzi obbligatori, che se in una prima fase di lancio hanno effettivamente fatto il loro dovere con buoni risultati, ora hanno la necessità di essere rivisti nel loro complesso. Con l’accordo Anci Conai del dicembre 2004 solo un piccolo passo in avanti è stato fatto, introducendo contributi più alti ma determinati in base alla purezza del materiale differenziato, che fa poi la qualità del riciclo.

Ma la vera discriminante perché la filiera del riciclo funzioni, riconosce l’autore di “Tutto da rifare” è il mercato e la sua richiesta di acquisti verdi e prodotti ecosostenibili. Il libro si trasforma quindi in un vero e proprio manuale pratico e utile, dove recuperare suggerimenti per modificare i nostri stili di vita, ma anche informazioni e recapiti di soggetti che a vario titolo offrono al mercato la via d’uscita della sostenibilità.

“Tutto da rifare” è quindi effettivamente un manuale pratico di riuso, riciclo, riparazione e baratto. Peccato però che tra il dire e il fare ci sia di mezzo la carta: il libro non è stampato su carta riciclata (o almeno non c’è scritto), e la copertina è lucida e patinata e ben sbiancata.

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