[07/03/2007] Urbanistica

La Toscana cicala nell’Italia del disagio insediativo

ROMA. Il rapporto “L’Italia del disagio insediativo” di Confocommercio e Legambiente, che analizza l’ultimo decennio di vita in Italia, è fatto anche di dati sorprendenti se si ascoltano i mugugni e il sentire comune. E così si scopre che reddito, turismo e scolarizzazione di fascia alta sono cresciuti, lentamente ma sono cresciuti, e nel mezzogiorno sono cresciuti più della media nazionale: è dinamico del Nord, mentre Emilia Romagna e Liguria mostrano segni di rallentamento.

Nel rapporto, curato da Serico, si scopre che dal 1996 al 2005 il reddito disponibile è salito del 21,6%, da 10.808 euro a 13.142, un incremento netto della ricchezza ed un aumento della consistenza dei depositi bancari che indica una forte economia legata al risparmio. Aumentano diplomati e laureati e popolazione così l’Italia abbandona le ultime posizioni in Europa. Diminuisce l’incidenza delle abitazioni non occupate (-5%), e rientra così nell’economia immobiliare una quota speculativa del patrimonio edificato e non utilizzato. Cresce il turismo (+12,3%), ma anche servizi medici, assistenza sociale ed occupazione, con un calo del 7,1% nel rapporto tra numero di abitanti e lavoratori attivi.

Ma l’Italia invecchia: la popolazione con meno di 14 anni scende dell’11,1% tra 1996 e 2005 quella con più di 65% sale addirittura del 25,7%), diminuiscono i pubblici esercizi (-17,1%) e aumentano i centri commerciali, con la scomparsa dei piccoli negozi di prossimità e di vicinato, a danno del tessuto sociale, soprattutto nei piccoli comuni, mentre la mobilità privata immobilizza il traffico italiano: il rapporto abitanti/auto è passato da circa 2 nel 1996 a 1,5 nel 2005.

Il report di Legambiente e Confcommercio divide i territori in lumaca, lepre, formica e cicala. Tra le lepri moltete province e aree del Nord e del Centro, ma anche alcune del Sud come Potenza e Matera. Le tartarughe manifestano una lentezza strutturale, «che a volte procede verso miglioramenti e lente uscite dalle condizioni di disagio», come in alcune aree del Mezzogiorno, ma riduce anche il benessere per la “cronicità” degli indicatori, come nel caso della provincia di Trieste, tra le prime per qualità della vita ma in lenta e progressiva involuzione a causa di un progressivo invecchiamento.

Le cicale hanno tante risorse ambientali, culturali, economiche, sociali ma le sfruttano troppo magari per costruire, oppure hanno una qualità della vita molto elevata e difficile da mantenere. Tra le cicale c’è la Toscana e d anche l’Emilia Romagna, con elevati valori degli indicatori di benessere ma in parziale involuzione «passando tra il 2001 e il 2005 – si legge nel rapporto - dal gruppo di massimo benessere a quello della cosiddetta medietà (seppure con i migliori parametri). Una trasformazione che potrebbe essere espressione di una difficoltà di mantenimento delle condizioni locali dello sviluppo a causa di una minore dotazione di risorse, amministrative, economiche, finanziarie (e di una difficile situazione economica generale), ma in alcune aree si configura anche come l’esito di una rapidità della crescita, fino alla soglia più elevata di benessere, che non è in grado di consolidare i risultati raggiunti, evidenziando dunque problemi di sostenibilità dello sviluppo».

L’Italia delle formiche è infine è quella che non si vede sui giornali ma marcia lenta e guarda al medio-lungo periodo, con un cammino lento e duraturo verso uno sviluppo solido e coeso.

Si tratta di aree che stanno uscendo da situazioni consolidate di disagio: le regioni del sud e le isole, a partire dalle province della Sardegna, che cresce ininterrottamente da 10 anni in innovazione, sviluppo e miglioramento delle condizioni insediative. Ma anche le regioni come la Calabria, con una qualità della vita tra le più basse nell’intera Ue, mostrano localmente lenti e costanti miglioramenti di alcuni indicatori come li il reddito, popolazione, diminuzione delle abitazioni non occupate e aumento del turismo.
Per il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, «questa analisi ci conferma un´Italia a diverse velocità, con un´espansione del benessere a macchia di leopardo, trainata per un verso da alcune aree metropolitane e dall´altro persistente nei disagi strutturali.

Non solo il divario tra nord e sud, ma passi diversi, velocità diverse che indicano sì un paese vitale, ma che ancora non ha valorizzato tutte le sue risorse in termini di capitale umano, investimenti, ricerca, sviluppo e innovazione. E su questo punto è la politica che deve cambiare passo per creare quelle condizioni di ripartenza e consolidamento dell´economia che ancora oggi sono deboli. Perchè è vero che tutti speriamo che il Pil del 2007 possa chiudere con un tasso di crescita al 2%, ma è anche vero che tutte le economie avanzate che stanno crescendo hanno puntato sui servizi. E noi da questo punto di vista ancora siamo indietro. L´Italia deve puntare alla leadership del cosiddetto “capitalismo culturale”. Quello, cioè, capace di valorizzare il patrimonio della nostra identità. Identità culturale, storica ed ambientale, ma anche frutto di un modo tipicamente italiano di vivere e di consumare. Un’identità, tra l’altro, non delocalizzabile. Bisogna investire non in termini di incentivi a carico della finanza pubblica, ma piuttosto in termini di attenzione politica. L’Italia deve puntare a mettere in campo una rete di relazioni tra iniziativa privata e funzione pubblica non rivolta alla pura sopravvivenza ma a un progetto di più ampio respiro».

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