[14/03/2007] Comunicati

Dall´industria al turismo senza passare dalla sostenibilità

LIVORNO. La Toscana è una regione che può vantare un patrimonio di bellezze naturali intrecciate a una attività dell’uomo che ha cercato nei secoli di mantenere e valorizzare l’ambiente e il proprio paesaggio, tanto che il territorio toscano è da sempre ambito in tutto il mondo sia come meta turistica sia come luogo di residenza. Questo grazie anche a una cultura dell’attenzione al territorio, che i vari governi della Toscana hanno saputo mantenere. Chi più chi meno.

Ma anche in virtù di queste sue caratteristiche la Toscana è oggetto – particolarmente negli ultimi anni - di mire immobiliari che, in accordo con un trend nazionale, ha visto nel “mattone” una sicura rendita economica. Particolarmente lungo la costa dove, in alcune aree, l’espansione edilizia di seconde case, ricezioni turistico alberghiere e case vacanze, accompagnate da porti e approdi per la nautica da diporto, ha determinato un netto consumo di territorio. Che mal si concilia con la tutela del paesaggio e più in generale con la sostenibilità ambientale. La carenza idrica ormai cronica di queste realtà, il cuneo salino che si è instaurato lungo tutta la costa, il traffico in aumento, la crescita abnorme dei rifiuti, ne sono solo alcuni indizi.

Verrebbe da pensare che l’ambientalismo, che ha combattuto un certo modo di fare industria in spregio alla tutela ambientale e della salute dei lavoratori e della popolazione, sia riuscito da una parte a far crescere l’esigenza di trasformazione del sistema industriale verso canoni di maggiore sostenibilità anche in relazione ad una maggiore capacità di competere con un mercato ormai globalizzato; ma al tempo stesso non sia stato capace di prevedere, fino in fondo, che questo ha lasciato più margine di azione e a ritmi assai più veloci, a un altro tipo di industria, quella del turismo, che ha ripercorso in pratica gli stessi canoni. Diventando sempre più insostenibile.

Nelle istanze dell’ambientalismo era presente in maniera chiara la necessità di trasformazione dell’industria, non la sua scomparsa; di una sua riconversione guardando al futuro piuttosto che ai modelli del passato proprio a partire da quelle aree che maggiormente avevano vissuto quel tipo di sviluppo industriale che ha caratterizzato il nostro paese. Offrendo al tempo stesso occupazione e riqualificazione delle aree.

Ma in maniera più o meno diffusa si è invece creata una sorta di ventata antindustrialista tout court, che ha visto nell’industria un modello ormai sorpassato. E si è fatta strada in maniera sempre più forte, soprattutto dove per primi si sono instaurati i processi di deindustrializzazione classica, l’idea del mattone come nuovo modello di sviluppo economico.

E’ vero questo? E se è vero, esiste la possibilità di ripristinare un equilibrio tra industria, turismo e sostenibilità? E quanto è presente questa riflessione nell’analisi sulla tutela del territorio e del paesaggio? Molto poco, da quanto si evince dal dibattito che si è riaperto proprio in questi giorni.

Torna all'archivio