[19/03/2007] Comunicati

Potsdam: ancora parole e pochissimi fatti

LIVORNO. Si è concluso, senza dare troppo ascolto all’appello lanciato da Greenpeace ai ministri dell’ambiente del G8 e di cinque dei maggiori paesi emergenti, il vertice di Potsdam. “Basta parole! E’ ora di agire” diceva lo striscione degli attivisti ambientalisti. Ma poco più che di intenti è stato invece il bilancio del vertice tedesco, che ha anticipato la riunione del G8 che si terrà a giugno a Heiligendamm, sempre in Germania. Sicuramente positiva l’apertura della Cina ad un negoziato globale sul clima e che chiede un accordo sul trasferimento delle tecnologie pulite per poter arginare gli effetti ambientali dovuti al suo sviluppo economico così vertiginoso.

Meno incisivo l’atteggiamento dell’India e quasi scontato, a parte le timide aperture di qualche tempo fa di Bush, quello degli Usa.
Ormai in quasi totale isolamento, gli Usa, si ostinano a mantenere una posizione di scetticismo di fronte al tema del surriscaldamento climatico e della responsabilità dei paesi industrializzati. Problemi riconosciuti invece da tutti gli altri paesi presenti.

E’ vero che il vertice era solo preparatorio rispetto al G8 e che non prevedeva decisioni vincolanti, ma la dichiarazione del ministro dell’ambiente Pecoraro Scanio racchiude in sé il risultato poco soddisfacente, al di là delle dichiarazioni fatte a margine. «Il clima si sta arroventando e l´intera problematica del cambiamento climatico corre come una lepre, al contrario il clima politico non si rende conto dell´emergenza e continua ad andare molto lento come una lumaca» ha detto il ministro dell’ambiente. In effetti l’inadeguatezza delle scelte politiche rispetto all’urgenza che il problema climatico pone a livello planetario è il dato che desta la maggiore preoccupazione. Un problema che già ora si mostra con le sue drammatiche conseguenze e che sarà destinato ad acuirsi negli anni a venire.

A partire dalle riserve di acqua, già intaccate dal cattivo uso della risorse e dal progressivo inquinamento, cui anche i cambiamenti climatici danno il loro contributo a ridurre le quantità disponibili a scala planetaria, che già ad oggi non riescono a soddisfare il 40% della domanda. Quota destinata ad aumentare tra il 56 e il 65% tra meno di vent’anni. Il tema della scarsità d’acqua è centrale nella giornata del 22 marzo prossimo in cui si celebra la giornata mondiale dell’acqua. Acqua scarsa o addirittura insufficiente alla vita, già oggi per molta parte della popolazioni del pianeta, oggetto di usi inefficienti e di spreco per l’altra parte del globo. Contesa per la sua gestione e per il controllo, ormai oggetto di numerosi conflitti, l’acqua è destinata ad essere un elemento chiave per gli equilibri futuri del pianeta.

L’aumento della domanda, non solo per l’aumento della pressione demografica (che anzi qualcuno mette in discussione), ma soprattutto per la mancanza di un governo direttore sugli usi, sommato alla riduzione – (questa non messa in discussione ormai da nessuno) della risorsa, potrà rappresentare una miscela esplosiva per gli anni a venire. E porterà oltre al disagio e alla sofferenza di un numero crescente di individui (già adesso eticamente inaccettabile), all’aumento di crisi e conflitti in ogni parte del pianeta.

E così come per mettere mano alle misure necessarie per affrontare i cambiamenti climatici, non è possibile lasciare al mercato la possibilità di autoregolamentarsi, così per l’acqua - che al surriscaldamento del pianeta è problema assolutamente collegato - è necessaria una governance a livello globale. Che abbia chiaro il fatto che la questione della sostenibilità è ormai un problema complessivo, non discosto o a margine, dal resto delle politiche e, soprattutto, non più rinviabile.

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