[21/03/2007] Aria

Serafini su ambiente e mercato: regole (e patti) chiari

LIVORNO. Il sistema dei meccanismi flessibili previsto nell’ambito del trattato di Kyoto e che è stato definito negli accordi di Marrakesh del 2001, permette agli stati a industrializzazione avanzata di integrare gli obiettivi di riduzione di anidride carbonica previsti dai regolamenti nazionali, anche attraverso uno scambio di emissioni, che si realizza con il meccanismo dei crediti di CO2.

Attualmente il meccanismo sul quale si concentra la maggior parte degli investimenti per generare crediti è il Cdm che permette di accumulare certificati di credito che potranno poi essere venduti, in una vera e propria borsa.

Quindi mercato, impresa e finanza partendo dall’esigenza di ridurre le emissioni di gas responsabili del surriscaldamento del pianeta, introiettano il concetto della sostenibilità attraverso la mercificazione di beni.

Infatti anche se l’anidride carbonica non può essere considerata un bene (nell’accezione della sua attuale abnorme presenza in atmosfera), è però vero che dietro alla commercializzazione dei crediti, si presuppone la quantificazione e la valorizzazione di quello che potremo definire il capitale naturale, che la accresciuta concentrazione di gas serra mette a rischio per l’azione che ha sui cambiamenti climatici.

Un passaggio epocale. Ma come è accolta questa svolta nel mondo ambientalista? Come un necessario e inevitabile passaggio per "piegare" il mercato ad azioni di mitigazioni altrimenti impossibili da imporre in altro modo? o come un ulteriore mercificazione di beni comuni? Abbiamo continuato il nostro giro di interviste con Massimo Serafini, della segreteria nazionale di Legambiente e direttore di Aprile.

«L’arrivo del mercato su questa questione non deve essere affrontato in maniera ideologica. Era abbastanza inevitabile, perché si è fatto sempre più strada il tema posto dagli ambientalisti che l’ecologia non erano solo vincoli e costi, ma anche opportunità. Evitare che il mercato, il profitto e la speculazione assumano la guida e la lotta al riscaldamento globale dipende anche da noi ambientalisti e dal peso che avremo per dettare noi le regole e non farle fare dal mercato. E’ abbastanza evidente che se ti sottrai al conflitto con pregiudiziali ideologiche le regole le dettano gli altri. Sappiamo per esperienza, che viene dalle risorse idriche ma anche dal territorio, che la forza dei cittadini se è consapevole di un progetto riformatore della società è in grado di stabilire regole chiare. Una società rinunciataria o solo protestataria non è in grado di realizzare alcuna egemonia».

Quindi è un percorso possibile , se è diretto da regole ben precise?
«Ripeto dipende molto da noi, dagli ambientalisti, dall’informazione, creare i rapporti di forza affinchè le regole le faccia la politica e non l’impresa.
Per farmi capire: regole vuol dire, per quanto riguarda Kyoto, che un ricorso al commercio delle emissioni, deve essere un contributo ad un progetto di contenimento delle emissioni che arriva cambiando i trasporti e il modo di fare energia, e non che si sta in regola comprandosi solo l’ambiente di altri».


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