[05/01/2006] Aria

Piombino, sul rapporto città-fabbrica parlano i due partiti più forti della sinistra

PIOMBINO (Livorno). Sul rapporto fra città e fabbrica a Piombino (nella foto la splendida Piazza Bovio) è la volta delle forze politiche: la parola passa ai leader locali di Ds e Rifondazione comunista. Due partiti della sinistra, divisi sulle questioni del governo locale ma uniti in occasione dell’ordinanza del sindaco Gianni Anselmi sulla chiusura della cokeria. Matteo Tortolini, da poche settimane segretario della federazione Val di Cornia-Elba dei Ds, cerca di allargare il respiro del confronto. «Bisogna evitare – dice – di cadere in una discussione provinciale, il tema non è il conflitto Comune contro Lucchini. Non è così, perché il sindaco prima di tutto non ha alcuna competenza in materia di politica industriale, ma ha emesso una ordinanza sulla salute pubblica. L’amministrazione ha posto il tema di una compatibilità fra le produzioni della fabbrica e la tutela dei cittadini, un problema condiviso dal tessuto politico e sociale del territorio». «Il tema – spiega il leader dei Ds – non è se mantenere la siderurgia, ma come mantenerla ed a quali condizioni rispetto al territorio ed ai cittadini. Siamo in una città connotata da una forte cultura industriale, il cui tessuto che ha saputo reagire con grande responsabilità alle vicende di questi anni, dalla privatizzazione alla crisi finanziaria della Lucchini. In questi dieci anni il tessuto locale ha reagito in modo responsabile. Dopo dieci anni di grande responsabilità, nei quali tutti abbiamo “tenuto”, credo che lo spazio per accordi al ribasso sia finito. Ci vuole un accordo di alto profilo».
Per Tortolini «è positivo il fatto che ora ci sia davanti un gruppo industriale, che vuole essere uno dei sei gruppi al mondo che si dividono il mercato dell’acciaio, in un quadro che imporrà un processo di riorganizzazione dei produttori». «La discussione – argomenta il segretario dei Ds – non potrà che giocarsi su tavoli di livello nazionale, sui quali dovrà arrivare una proposta forte del territorio. Credo siano due i punti fondamentali: l’ambiente, su cui occorre avere coraggio, perché ormai è necessario dimostrare la compabilità di certi impianti pesanti con la presenza di un quartiere a pochi decine di metri, come accade per il Cotone. E poi le questioni urbanistiche: la fabbrica occupa qualcosa come 9 milioni di metri quadrati di territorio. E’ necessario capire come si ricompatibilizza rispetto al tessuto urbano ed alla città in genere. Bisogna ragionarne anche in funzione dello sviluppo del porto di Piombino. E’ in fase di redazione il piano regolatore del porto, presto avremo il Piano strutturale della Val di Cornia. Attorno a questi temi credo che sia fondamentale discutere con tutte le forze politiche, opposizioni comprese, a cominciare da quelle che stanno nell’Unione».
Il segretario di Rifondazione comunista Alessandro Favilli rivendica al suo partito una «posizione inattaccabile». «La chiusura della 27 forni e la ricollocazione è un nostro antico cavallo di battaglia – dice – che faceva capo a un principio ben preciso: prima di tutto il rispetto della legalità. Questa posizione ha subito una evoluzione, di pari passo con il deteriorarsi della situazione produttiva della fabbrica. Ora è così espressa: prima di tutto la legalità, quindi la cokeria si chiude».
Rifondazione ha sostenuto l’ordinanza del sindaco sulla cokeria. «E la reazione dell’azienda a quell’ordinanza – aggiunge Favilli - è tipica dell’arroganza del capitale. Non ci sono, a parer mio, ragioni produttive che giustificano la non fermata immediata della 27 forni. Il problema principale è ristabilire una gerarchia nei rapporti di forza sul territorio. A questa idea gerarchica, per oltre vent’anni, il sindacato a livello nazionale, ma anche a Piombino ha risposto con la famosa politica della concertazione, a nostro avviso del tutto inadeguata».
«Alla questione ambientale – conclude il segretario di Rifondazione – nessuno, eccetto il presidente di Legambiente Adriano Bruschi, ha accoppiato la questione sicurezza. E invece vanno di pari passo, tutto si tiene. Faccio un esempio: sono tre mesi che aspettiamo un consiglio comunale straordinario sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Nel frattempo c’è stato un altro morto, innumerevoli incidenti e niente. E’ come se la città neppure si accorgesse più di ciò che succede in fabbrica».

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