[26/03/2007] Energia

Nucleare, il riprocessamento è una scelta sbagliata?

235 tonnellate di ossido di uranio mischiato a plutonio 141, stronzio 90, cesio 137 e cesio 134, ovvero 1.567 elementi di combustibile nuclerare esausto affogato da più di vent’anni in piscine ormai obsolete e fuorilegge con un tempo di dimezzamento radioattivo di 24 secoli. Come liberarcene? Mandandolo all’estero, in Francia, e scordarselo per altri vent’anni. Poi quando ritornerà, nel 2025, sarà qualcun altro ad occuparsi di questa eredità radioattiva.
L’accordo è per il “riprocessamento”, un’idea avuta nel 2004 dal governo Berlusconi che autorizza la Sogin, l’azienda che gestisce i nostri depositi di scorie, ad effettuare una gara per trovare l’azienda adatta; un’idea che è piaciuta anche al governo Prodi, che a novembre del 2006, ha firmato l’accordo definitivo con la società francese Areva.
Il contratto parla di 277 milioni di euro per l’invio in Francia per le operazioni di “riprocessamento”, ma il prezzo non contempla il viaggio di ritorno, né il costo del deposito da costruire in Italia dove ricoverare questo materiale radioattivo. Nessuno sa la cifra esatta dell’operazione, anche se nel 2003, l’allora presidente di Sogin, intervistato da un giornalista, parlando del “riprocessamento” disse: “Abbiamo calcolato che se volessimo sottoporre a questo trattamento soltanto il combustibile nucleare residuo, dovremmo spendere, tutto compreso, 1.150 milioni di euro”.

Non sappiamo nemmeno quello che ritornerà, visto che il “riprocessamento” non è un sistema per condizionare le scorie radioattive, ma per recuperare l’uranio ancora fissile presente nelle barre esauste, mentre le scorie radioattive sono solo una conseguenza del processo. In pratica dovrebbe tornare combustibile tal quale a quello che mandiamo oggi inseme a delle scorie ad altissima carica radioattiva.
Non sembra la soluzione ideale del problema, anche perché, già nel 2001, l’allora amministratore di Sogin, il professor Renzo De Felice, proponeva lo “stoccaggio a secco”, ovvero l’inserimento delle barre dentro dei cask di acciaio, capaci di resistere all’impatto con un’aereo. Una soluzione che veniva, e viene, comunemente usata dalle nazioni nucleari per gestire il loro combustibile esausto al posto del “riprocessamento”, rienuto altamente inquinante e troppo costoso. Una soluzione che sarebbe costata tra i 10 e i 30 milioni di euro più i 300 milioni del costo dell’eventuale deposito. Una scelta, lo “stoccaggio a secco”, preferibile al “riprocessamento” visto che a pagare saranno le famiglie italiane, con una tassa sulla bolletta elettrica istituita sin dal 2000 per finanziare le cosidette “attività nucleari residue”. Una tassa che da ottobre 2006 a gennaio 2007, in 4 mesi, è stata addirittura triplicata proprio per pagare il “riprocessamento”.

Ma nessuno ne parla e così nessuno si preoccupa. Colpa dei governi che non informano? No. Colpa di noi cittadini che non ci informiamo, preferendo pagare centinaia di milioni di euro ogni anno pur di non prenderci responsabilità, preferendo le bugie alla verità e la tranquillità all’indignazione, lasciando questa eredità radioattiva ai nostri figli. Per un paese che si crede civile ed industrializzato è una scelta vergognosamente miope, marcatamente egoista e volgarmente stupida.

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