[26/03/2007] Comunicati

Ambientalismo tra conservazione e trasformazione sostenibile

LIVORNO. Dal paesaggio al resto del mondo, con l’aiuto di Oliviero Toscani e la benedizione di italia Nostra, Wwf e Fai. La riunione che si è svolta domenica a Firenze e che ha visto nascere il coordinamento dei “Comitati di base per la difesa del territorio e del paesaggio in Toscana”, sotto la guida di Alberto Asor Rosa, ha avuto un grande rilievo mediatico, non fosse altro per i nomi di chi vi ha partecipato. E si è spinta molto oltre rispetto al punto di partenza.
Asor Rosa ha infatti aperto la giornata con una riflessione sul fatto che «la struttura del capitale si è spostata verso la pratica del mattone», ed ha poi chiuso - insignito del compito di coordinatore - richiamando la necessità di occuparsi anche di questioni che attengono più in generale a temi di salute pubblica, di prevenzione dalle nocività, di tutela territoriale ad ampio raggio.

Ma la questione del paesaggio da cui è nata l’iniziativa di Fiesole e da cui si è giunti ieri al coordinamento dei comitati, è nata con una esigenza di riportare al centro, inteso come un intervento della regione, le decisioni che attengono alle politiche sul territorio, lamentando il fatto che i comuni non sarebbero in grado - sia per interessi diretti, sia per mancanza di strutture adeguate - di operare con la necessaria oculatezza le scelte conseguenti. Quindi il richiamo ad un necessario centralismo che pare però in netta contraddizione con le istanze dei comitati, che per loro stesa natura richiamano al contrario ad un allargamento della base delle decisioni.

E che anzi – da più voci- ritengono non essere possibile alcun dialogo con le istituzioni, né regionali, né locali perché hanno dato prova di non tenere in conto le istanze che vengono dal basso. In molti interventi hanno invitato a rifuggire anche dalla commistione con parte del mondo ambientalista – in particolare Legambiente - che troppo spesso avrebbe dato prova di collaborazionismo con le stesse istituzioni. Legambiente che si trova oggi ad essere un bersaglio da parte dei comitati, proprio per avere provato a misurarsi sul terreno della proposta oltre che su quello della protesta.

Quindi comitati alternativi alle istituzioni, sia come pratiche e contenuti, sia perché garanti di maggiore democraticità e portatori di misure molto più stringenti e corrette per l’ambiente. Si tratta di vedere come riuscirà l’impresa di Asor Rosa di portare a sintesi la richiesta di un centralismo da una parte e di un comitatismo dall’altro; due polarità non sintetizzabili, perché nel mezzo ci sta la politica. Che magari non svolge a pieno le sue funzioni (ma qui si aprirebbe un altro capitolo assai vasto) ma che di fatto sta in mezzo, in una società che si richiami ai fondamenti della democrazia.

E come l’attenta e realistica analisi da cui Asor Rosa parte, relativamente allo spostamento della rendita del capitale, ma anche della finanza verso il mattone, possa poi trovare una sintesi con la contemporanea avversione, che dai comitati viene posta, verso qualsiasi sistema impiantistico e/o industriale. Resa ancora più evidente dalla composizione dei comitati presenti alla riunione, nati in Toscana forse più che altrove, e che proprio a Firenze hanno anche una loro sponda istituzionale con la presenza in consiglio comunale della lista “Unaltracittà Unaltromondo” di Ornella De Zordo.

Una rete estesa e assai composita – anche per le diverse radici di provenienza - in cui si evidenzia un collante comune: una spinta conservatorista e quindi in netta antitesi alla trasformazione seppur in chiave sostenibile. Una trasformazione necessaria anche per poter rimediare ai guasti fatti sul territorio, nelle città, nella società, che gli stessi comitati segnalano. Per poter cambiare il mondo, a partire da quello immediatamente vicino, in maniera che sia più sostenibile ambientalmente e socialmente e che abbia quindi una maggiore impronta anche in termini di democrazia ed equità è infatti necessario mettersi in una condizione aperta verso il cambiamento e verso il dialogo.

Aspetto questo, che invece sembrerebbe non appartenere nei fatti - a differenza delle parole - alla sfera dei comitati. L’atteggiamento che richiama alla necessità della partecipazione ampia, delle scelte dal basso, della democrazia diretta e organizzata, che non per forza deve fare solo battaglie in negativo. Ma che può scegliere anche di farle in positivo, di confrontarsi attraverso processi democratici e rispettare poi le scelte che per questa via discendono.

Non è forse un esempio in questo senso il referendum di Montescudaio, che ha fatto esprimere il 68,3% della popolazione di quel territorio - sul 55% dei votanti - per un sì verso l’eolico? O invece deve essere visto come prevaricazione antidemocratica di una parte (quella a favore) nei confronti dell’altra che era invece contraria?
E´ collateralismo quindi (accusa più spesso rivolta al Cigno Verde) anche il fatto che Legambiente si è schierata a favore del sì per affermare le pale eoliche, mentre invece parte delle associazioni ambientaliste erano per il no? Oppure si può parlare piuttosto di autonomia di proposta e di affermazione concreta di trasformazione sostenibile?

Vedremo. Come vedremo come risponderanno le istituzioni chiamate in causa. E quali saranno gli esiti del programma che il coordinamento si è dato: un immediato elenco di tutti gli ecomostri e l’individuazione di uno di essi da farlo assurgere a emblema per farne una manifestazione.

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