[27/03/2007] Energia

La prof. Minteer insiste: dopo le pile all´alcol quelle allo zucchero

ROMA. Nel 2003 dichiarò che con un po´ di ossigeno e alcol si potevano far funzionare apparecchiature elettriche. Lo strumento erano pile agli enzimi caricate a bioetanolo. Da allora – se non erriamo – della professoressa Shelley Minteer (Nella foto) e della sua ricerca non si era sentito più parlare. Fino ad oggi, quando la docente della prestigiosa Università di Saint Louis – a capo di un gruppo di ricercatori – è tornata a parlare presentando l’aggiornamento della sua invenzione durante il congresso annuale dell´American Chemical Society: non più alcol ma zollette di zucchero. Già ribattezzata la batteria ‘dolce’ anche perché presentata come completamente sostenibile in quanto composta da elementi biodegradabili.

«Questo studio – ha detto Minteer - mostra che unendo biologia e chimica si possono costruire pile migliori e più rispettose dell´ambiente». Il prototipo è stato in grado di far funzionare una calcolatrice.

Sull’uso degli enzimi ai fini di ‘sfruttarli’ per la produzione di energia elettrica, è stato presentato al congresso anche lo studio dell´università di Oxford: una cella a idrogeno che non utilizza il platino come catalizzatore come quelle tradizionali, bensì appunto un enzima. La molecola sarebbe stata estratta dal batterio Metallidurans che già 2,5 miliardi di anni fa riusciva a sopravvivere in assenza di ossigeno proprio ´respirando´ l´idrogeno. La cella realizzata dai ricercatori inglesi riesce a produrre elettricità in un´atmosfera con soltanto il 4% di idrogeno, un livello molto più basso di quello delle celle tradizionali, e l´unico residuo a fine processo sarebbe l´acqua.

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