[04/04/2007] Comunicati

Il 30% della ricchezza prodotta in Toscana non si traduce in benessere

FIRENZE. Al seminario “Indicatori di qualità ambientale e benessere: itinerari di ricerca in Toscana”, si è parlato dell’evoluzione del reporting ambientale nella nostra regione, passando dai rapporti sullo stato dell’ambiente ai Segnali ambientali, mettendone in evidenza aspetti positivi e criticità. Ma nello stesso tempo è stata esplicitata la necessità di fare un salto in avanti: «è necessario passare da un sistema di indicatori chiuso come il modello Dpsir (Drivers, pressure, state, impact, responses)- afferma Benedetta Bellini del dipartimento di Scienze storiche, politiche, giuridiche e sociali dell’università di Siena - a sistemi di indicatori aperti agli scambi con gli altri settori come ad esempio l’impronta ecologica o lo spazio ambientale».

Lo “spazio ambientale” è la quota di risorse che dovrebbe essere utilizzata da un territorio rapportando la disponibilità sostenibile di risorse alla popolazione del territorio, rispetto al totale della popolazione umana in modo da rispettare un’equa ripartizione delle risorse. Quindi con lo “spazio ambientale” si valutano e si contabilizzano le risorse effettivamente necessarie per assicurare lo sviluppo e qualità della vita e si evidenzia quante risorse economiche sono disponibili per un utilizzo in modo equo e produttivo per l’uomo e l’ambiente.

Integrando, come mostrato dalla dottoressa Bellini, indicatori come l’impronta ecologica e lo spazio ambientale si ottengono interessanti informazioni sulle caratteristiche dei territori e loro possibilità di competitività.

Molto interessante per le sue indicazioni, appare poi l’indice di benessere economico sostenibile (Index of sustainable economic welfare, Isew) introdotto da Herman Daly e John Cobb nel 1989. E’ rappresentato da una lista di elementi economici, sociali e ambientali, “monetizzati”, che fornisce un indice integrato di benessere economico. Partendo dal consumo privato e tenendo conto di un indice di distribuzione del reddito, le voci positive per il benessere (ad esempio i servizi dal lavoro domestico, la rete viaria) sono aggiunte, mentre quelle che incidono negativamente (uso di risorse non rinnovabili, effetto serra, ...) sono sottratte all’ammontare totale. Nel calcolo oltre alla valutazione economica si incorporano manifestazioni sociali e ambientali.

Negli Stati Uniti Isew e Pil crescono parallelamente fino alla metà degli anni ’60, poi divergono sensibilmente e negli anni ottanta l’Isew comincia a recedere. L’Isew si discosta dal Pil e poi ristagna o declina indicando l’esistenza di una soglia oltre la quale la crescita dell’economia non porta più ad aumenti di benessere sostenibile. E questo un po’ in tutti i paesi dove è stato calcolato. «L’Isew integra e corregge le informazioni del Pil - afferma Federico Pulselli del dipartimento di Scienze e tecnologie chimiche e dei biosistemi dell’università di Siena - e si conferma, dai nostri studi fatti in giro per l’Italia, come vi sia una discrepanza di origine più recente, tra benessere e Pil, che indica una minore sensibilità del benessere percepito dalla popolazione rispetto alla crescita economica».

Ma lo "scoop" è rappresentato da un primo dato disponibile per la Toscana riferito all’anno 2003: «Abbiamo ora un primo numero disponibile per la Toscana - continua Pulselli - che ci dice che esiste un gap del 30% tra Isew e Pil, cioè tra benessere e ricchezza ed in sostanza vuol dire che una parte della ricchezza prodotta in Toscana non si traduce in benessere. Il dato - conclude Pulselli - manifesta chiaramente l’utilità di questo strumento per l’indicazione che fornisce in merito alla direzione dell’intervento: si deve ridurre il gap e non aumentare il pil».

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