[05/04/2007] Energia

L´Africa, tra biocarburanti e fame

LIVORNO. L’Africa potrebbe diventare la nuova Mecca dei biocarburanti e gli investitori stanno già preparando milioni di dollari per produrre bioetanolo e biodiesel dai raccolti di canna da zucchero, mais e soia.

La zona più appetibile sembrerebbe l´area con più precipitazioni piovose tra Angola, Zambia e Mozambico che da sola avrebbe già un potenziale agricolo tale da poter rivaleggiare con il midwest degli Usa come massimo produttore di mais da trasformare in bioetanolo.
Il problema più grande sembra essere quello delle infrastrutture. L’Angola esce da una devastante guerra civile durata venti anni che ha distrutto strade, fattorie e impianti di ogni genere, inoltre l’area appetibile è coperta da una fitta foresta.

Ma l’Africa rimane uno degli obiettivi futuri per la produzione di bioenergie e gli investitori statunitensi ed europei non mancherebbero, visto che le coltivazioni per biocarburanti stanno trovando limiti di espansione e resistenze in altri continenti.
I governi africani sembrano disponibili prendere la loro indicazione dalle loro controparti occidentali. Introito per esempio Nigeria e Sudafrica -- le economie più grandi del continente.

La Nigeria l´anno scorso ha assegnato due concessioni di olio alla Inc Resources per realizzare un progetto del valore di 4 miliardi di dollari per l’etanolo nello Stato settentrionale di Jigawa, mentre il Sudafrica ha un programma di 828 milioni e spera di riuscire a risolvere il 75% dei suoi bisogni di energia con i biocarburanti entro 2013.

Una svolta economia possibile per il continente più povero, ma anche una possibile minaccia per la sicurezza alimentare in un continente dove la fame colpisce e uccide ancora i più poveri dei poveri.
Ma la via di uscita proposta sembra quella di garantire gli approvvigionamenti di generi alimentari insegnando ai contadini africani tecniche agricole più produttive, superando le coltivazioni di sussistenza. Si pensa ad un’industria dei biocarburanti a forte intensità di mano d´opera, coinvolgendo i piccoli coltivatori.

Ma intanto i prezzi del mais aumentano vertiginosamente: quello bianco, il più usato in Sudafrica, costa il 40% in più dell’anno passato, e questo si riflette sui consumatori più poveri che vedono peggiorare la loro qualità di vita già bassa.

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