[12/04/2007] Urbanistica

Quando la filiera del governo del territorio assomiglia a tante matrioska

PISA. Forse è opportuno fare qualche notazione sulla cosiddetta ‘filiera’ istituzionale di cui si è molto discusso in risposta soprattutto alle pesanti accuse rivolte alla Regione Toscana di concedere troppo potere e spazio ai comuni responsabili principali delle tante ‘brutture’ di cui si sarebbe arricchita anche la toscana. La critica specie da parte dei cosiddetti comitati, ma anche di urbanisti noti e apprezzati, si è spinta al punto di attribuire alla regione una competenza urbanistica inesistente e notoriamente incardinata sui comuni. Da qui l’esigenza non già di ripristinare assurde e obsolete gerarchie ma anche si superare quel sistema barocco di piani che si sovrappongono ai vari livelli e che somigliano tanto a delle paralizzanti matrioska.

La filiera dovrebbe in parole povere consentire anziché una paralizzante sovrapposizione di ruoli e di strumenti quella concertazione effettiva incentrata sulla leale collaborazione che sappia ricondurre la dimensione locale a quella dimensione ‘adeguata’ che non sempre è rappresentata dai tre livelli e quindi confini amministrativi istituzionali (comune, provincia, regione). I bacini e le aree protette – ecco le ragioni che rendono strategicamente importante le pianificazioni ‘speciali’ non legate cioè ai tradizionali confini amministrativi ma a quelli ‘ambientali’ - costituiscono all’interno e nell’ambito della filiera, punti di snodo importantissimi per due ragioni strettamente connesse. La prima è che consente di aggregare intorno a scelte ambientalmente ‘non negoziabili’ – come dice il Pit - anche quelle dimensioni locali che faticano enormemente per la loro frammentazione a coordinarsi e associarsi a livelli intercomunali.

La seconda ragione riguarda il livello regionale ed anche provinciale che può trovare nella dimensione del bacino come dell’area protetta dei solidi e significativi punti di riferimento in cui il superamento della frammentazione localistica è - diciamo così - superata per legge in quanto su quegli ambiti territoriali si deve in base alle due leggi nazionali - la 183 e la 394- e alle finalità assegnate al piano di bacino e ai piani del parco, operare su una scala più ampia e perciò più adeguata.

Non mancano ovviamente aspetti e punti da chiarire bene per evitare soluzioni ambigue. Faccio un esempio. Leggo nella relazione del prof. Vincenzo Cerulli Irelli della Sapienza di Roma svolta al direttivo nazionale dell’Upi su Carta delle autonomie locali (Genova 22 febbraio 2007) «che la pianificazione territoriale di area vasta è l’unica capace di vincolare le pianificazioni urbanistiche locali, inglobando in sè le pianificazioni di settore (i piani di bacino, i piani del parco, i piani paesistici, e così via). Ciò conferisce al pianificatore provinciale anche una funzione di coordinamento e di raccordo delle pianificazioni di settore, che deve fare proprie, inserirle armonizzandole nel piano territoriale provinciali e in tal modo conferire ad esse una efficacia esterna».

Cosa non convince e suscita più d’una perplessità in questa impostazione? Innanzitutto il fatto che un piano del parco (ma per molti aspetti ciò vale anche per i bacini) generalmente riguarda più province e sovente più regioni. Come si ricompone una valutazione d’insieme del piano attraverso una serie più o meno numerosa di aree vaste? Il piano del parco al pari di quello di bacino è affidato ad un ente o organo esterno (anche se sua espressione) ai tre livelli istituzionali (quattro con lo stato) per la semplice ragione che esso riguarda un ambito non riconducibile neppure parzialmente ad un unico livello istituzionale.

Avremo in base a questa impostazione rivendicata a favore delle province una approvazione per tessere da ricomporre successivamente ma dove e come? Se ogni provincia avanza in maniera scollegata le sue osservazioni cosa resta ‘dopo’ del piano? Si riparte da capo? Già ora l’approvazione dei piani dei parchi da parte delle regioni risulta problematica specie dove il piano riguarda più regioni. Nella prospettiva ipotizzata da Cirelli Irelli tutto non diventerà più complicato e barocco?

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